Corriere della Sera

Contro il mal di schiena chi si ferma è perduto

Un esercizio fisico costante è fondamenta­le nella prevenzion­e della lombalgia e per evitare ricadute dopo che se ne è sofferto

- A.V.

n buon esercizio fisico è la carta vincente per prevenire il mal di schiena quando non se ne è mai sofferto, per evitare ricadute dopo un episodio acuto, per non rinunciare alle normali attività della vita quotidiana quando il dolore diventa cronico.

La conferma più recente è arrivata da una revisione di vari studi condotti su oltre 30mila persone pubblicata su JAMA Internal Medicine nelle scorse settimane: dopo un mal di schiena acuto il rischio di averne un altro nel giro di un anno oscilla fra il 24 e l’ 80 per cento, ma se ci si allena con regolarità la probabilit­à quasi si dimezza. E lo stesso vale se si ha la fortuna di non aver ancora mai provato la lombalgia.

Ma qualsiasi sport va bene per tenere alla larga il mal di schiena? «Se non si hanno problemi specifici si può scegliere in base alle proprie attitudini, a patto di essere graduali nell’allenament­o, fare sempre stretching prima e dopo e usare una buona attrezzatu­ra: correre con le scarpe sbagliate su terreni rigidi, senza un programma adeguato alla propria forma fisica, potrebbe perfino favorire i guai — risponde Sabrina Donzelli, fisiatra di ISICO (Istituto Scientific­o Italiano Colonna Vertebrale) —. Per chi ha disturbi alla colonna di grado medio-lieve possono essere indicate attività ibride, a metà fra terapia e attività fisica, come gli esercizi della back school (tecniche e movimenti specifici per migliorare la funzionali­tà della schiena e “riequilibr­arla” quando c’è dolore, ndr) oppure discipline come il pilates, lo yoga, il tai-chi. Nei pazienti in cui il mal di schiena è connesso a una patologia serve il consiglio di un fisiatra, che accanto alla terapia specifica possa consigliar­e l’esercizio fisico di mantenimen­to più adeguato. L’essenziale è essere costanti: solo allenarsi e il mal di schiena diventa cronico e il dolore continuo, l’esercizio resta indispensa­bile ma va associato a un supporto specifico e personaliz­zato. «In questi pazienti si ha una disabilità perché il dolore spinge a evitare qualsiasi movimento: il primo approccio deve essere perciò cognitivo-comportame­ntale, per sedare le ansie e dimostrare che esistono margini per muoversi senza soffrire — osserva il fisioterap­ista Michele Romano —. Dobbiamo spiegare che cosa accade e cento dei primi episodi acuti si risolve da solo entro un mese, un mese e mezzo, ndr), deve sapere che ciò ha compromess­o i muscoli stabilizza­tori della schiena e che senza un allenament­o per recuperarn­e appieno la funzione il rischio di una ricaduta nel giro di un anno è alto — sottolinea Romano —. Per essere sicuri di seguire un programma specifico ci si può affidare a un fisioterap­ista, importante soprattutt­o per chi ha già sofferto di lombalgia più di una volta e non è ancora mai intervenut­o con un buon esercizio fisico di recupero».

La “fuga dal movimento”, peraltro, predispone al dolore cronico ed è l’errore più grave, come spiega Donzelli: «Molti, per timore del dolore,evitano alcuni gesti e scivolano verso una riduzione di tutte le attività, rinchiuden­dosi in un recinto sempre più stretto di possibilit­à di movimento: la riabilitaz­ione serve a far capire loro che c’è un margine per muoversi senza star male e per riabituarl­i poco a poco a farlo. Purtroppo i normali programmi di riabilitaz­ione offerti dal Servizio Sanitario prevedono una decina di sedute, in realtà servirebbe un impegno di mesi per riportare la colonna a una buona funzionali­tà, soprattutt­o se la lombalgia è presente da tempo: molti pazienti appena passa il che cosa fare per evitare che la situazione peggiori, dimostrand­o che le paure si possono sconfigger­e: se per esempio il paziente ha smesso di correre temendo il dolore, può essere una buona idea fare una corsa assieme a lui per tranquilli­zzarlo. Con la lombalgia cronica, che colpisce circa il 10% di chi ha episodi acuti, bisogna soprattutt­o imparare a convivere perché di rado si risolve del tutto: ecco perché bisogna evitare che cronicizzi».

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