Il «salvavita» negato per 80 km
La storia emblematica di un malato che ha perso il diritto al rimborso alla terapia sostitutiva con testosterone dopo aver cambiato regione di residenza
ell’Italia dei 20 Servizi sanitari, di fatto uno per Regione, basta uno spostamento di 80 chilometri per vedersi discriminati nel diritto alla salute.
È accaduto a un giovane che nel 2011 è stato sottoposto a un intervento di rimozione dei testicoli a causa di un tumore. Da quel momento deve assumere, per tutta la vita, una terapia sostitutiva con testosterone. Qualche mese fa, il ragazzo si trasferisce dal Veneto in Lombardia e iniziano i suoi problemi: la cura salvavita che era dispensata gratuitamente in Veneto è invece a pagamento nella sua nuova regione di residenza.
«Ho sperimentato sulla mia pelle le disparità che esistono a livello regionale — racconta l’interessato —. Eppure esiste un Servizio Sanitario Nazionale e delle Note dall’Agenzia Italiana del Farmaco ( si veda box in alto , ndr) che dovrebbero essere recepite a livello nazionale». La Nota 36 del 2010 stabiliva la rimborsabilità della terapia sostitutiva a base di testosterone per gli uomini che soffrono di ipogonadismo, ovvero l’insufficiente produzione di testosterone e di spermatozoi. Alcune Regioni la applicano e prescrivono gratuitamente la cura a chi ne ha bisogno, altre no.
Andrea Lenzi, presidente della Società Italiana di Endocrinologia, sottolinea le discrepanze: «La Lombardia con il Veneto, ma anche il Lazio con la Toscana, sono esempi emblematici — commenta il presidente della SIE , che ha anche partecipato Ad un giovane operato di cancro ai testicoli non viene più risarcito il costo del trattamento La normativa nazionale che pure prevede la rimborsabilità non è applicata dappertutto alla stesura della Nota 36 —. Questa vicenda riguarda un raro caso di tumore con rimozione chirurgica di entrambi i testicoli: per questi pazienti la terapia sostitutiva con testosterone deve essere considerata un “salvavita” e il Ssn dovrebbe provvedere alla dispensazione gratuita del farmaco come prescritto dalla Nota 36. Purtroppo questo non accade in molte Regioni italiane».
Anche l’Associazione Medici Endocrinologici «ha già evidenziato il disagio dei pazienti e auspica che AIFA riveda la Nota 36», rammenta Roberto Castelli, past president di AME. Ad aggravare la faccenda ci sono i numeri: la cura salvavita serve a poche centinaia di malati italiani e ha un prezzo molto basso per lo Stato, mentre il peso di una terapia da assumere a vita è più oneroso se il malato deve pagarsela di tasca propria.
«La cura può essere somministrata in diverse formulazioni — spiega Giario Conti, segretario della Società Italiana di Urologia Oncologica (SIUrO) —: una fiala “a rilascio prolungato” da iniettare una volta ogni tre mesi, dal costo di 150 euro ciascuna; un’altra fiala che richiede però un’iniezione ogni tre settimane, con un prezzo che si aggira intorno ai 10 euro; e un gel da spalmare ogni giorno per cui si spendono in media 60 euro al mese. La prima soluzione naturalmente è quella preferibile e che verrebbe rimborsata dal nostro Ssn, se solo tutte le Regioni applicassero la Nota 36».
C’è poi un ultimo capitolo che complica la vita dei pazienti: una determina del 15 ottobre 2015 della Gazzetta Ufficiale ha recentemente modificato il regime di prescrizione da fascia C (a totale carico del paziente) con ricetta ripetibile a prescrizione limitativa, da rinnovare volta per volta, individuando inoltre come unici prescrittori gli endocrinologi.
«In pratica da pochi mesi la terapia può essere prescritta solo da endocrinologi — dice Conti —, escludendo urologi, andrologi e oncologi che invece hanno un rapporto con i pazienti operati di tumore ai testicoli fatto di controlli che proseguono nel tempo. Sono esclusi anche i medici di famiglia, il che significa che i malati di ipogonadismo non dovuto a cancro dovranno pagarsi una visita specialistica dall’endocrinologo solo per avere la ricetta indispensabile a ottenere i farmaci».