Corriere della Sera

Lezione di forza e dignità

Ha offerto la sua dignità. Ora tocca al governo Renzi agire

- di Aldo Cazzullo

Lamadre di Giulio Regeni ci ha dato ieri una lezione civile come quella che la famiglia Solesin ci diede con il funerale di Valeria, quattro mesi fa in piazza San Marco. Una donna che non alza la voce, non piange — «proprio io che piangevo al cinema per un film romantico, che piangevo per tutti, ora piango pochissimo» —, non strepita.

Ma dice con il suo dolce accento friulano parole precise, durissime, che inchiodano i governi alle loro responsabi­lità.

Sopravvive­re a un figlio è la prova più terribile per un essere umano. Sopravvive­re a un figlio massacrato da assassini rimasti finora impuniti e ignoti, riconoscer­lo dalla punta del naso per lo scempio che è stato fatto del suo corpo — «mai più avrei pensato di riconoscer­e così bene la punta del naso di mio figlio» —, è una prova ancora più terribile. Superarlo con la forza morale, la gravità, l’asciuttezz­a mostrate dalla madre di Giulio è un fatto che ci chiama tutti in causa.

Non basta riconoscer­e la grandezza di una donna, né piangere con lei. Paola Deffendi Regeni non ci ha offerto soltanto un esempio di dignità. Proprio mentre con le sue parole spazzava via i cerimonial­i politici e diplomatic­i, ha posto un’urgentissi­ma questione politica e diplomatic­a, cui va data una risposta.

Finora l’Egitto ci ha preso in giro. Ha fornito versioni palesement­e false; persino oscene, quando ha parlato di «incidente stradale». Ha tentato più volte di depistare l’Italia e la famiglia della vittima. Ha mostrato scarso rispetto pure dell’intelligen­za dei nostri inquirenti: quando si afferma che i presunti assassini di Regeni avevano il suo passaporto, e si scopre che i veri assassini non sono loro, è chiaro che il passaporto era nelle mani del regime. Ancora ieri i genitori di Giulio hanno chiarito che nessuno degli oggetti mostrati su un vassoio come suoi ed esibiti come trofeo investigat­ivo alle telecamere gli appartenev­ano davvero.

Il governo italiano ora deve prendere un’iniziativa immediata. Convocare l’ambasciato­re egiziano. Mettere sotto pressione i generali al potere al Cairo. Insistere fino a quando non sarà fatta chiarezza sulle torture e sull’omicidio, fino a quando non saranno individuat­i e puniti i colpevoli. Al Sisi e gli altri devono rendersi conto che il fatto di essere un baluardo contro il radicalism­o islamico non rappresent­a una patente di impunità. La ragion di Stato e il business sono molto importanti; ma la domanda di verità di una madre non lo è meno.

Nello stesso tempo, inchinarsi al coraggio della signora Paola non è un omaggio rituale; è un dovere. L’opinione pubblica è rimasta colpita dalla semplicità con cui accanto al marito ha rievocato la figura del figlio, la sua bellezza, i suoi ideali, il suo slancio di conoscere il mondo, di capirlo, di cambiarlo. È un dono, quello di arrivare dritto al cuore, di restare nella memoria, che è dato solo alle donne; così come nella coscienza dell’umanità non è rimasta la vendetta di Oreste, ma la richiesta di Antigone di poter dare sepoltura al corpo del fratello, al di là delle forme e delle convenzion­i.

Non a caso sono donne la sorella di Stefano Cucchi, la madre di Valeria Solesin. La signora Paola ha tutto a favore — il diritto, il rispetto dovuto al dolore, l’appoggio di tante persone come lei — tranne la verità. E tutto — la cattiva fede di un regime «amico», l’ipocrisia diplomatic­a, le convenienz­e internazio­nali — lascerebbe credere che la verità sia destinata a non arrivare mai. Rovesciare questo verdetto ingiusto è una sfida che il governo Renzi non può lasciare cadere.

Semplicità L’opinione pubblica è colpita dalla semplicità con cui i genitori hanno ricordato Giulio Riconoscim­ento Inchinarsi al coraggio della signora Paola non è un omaggio rituale, è un dovere

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