«Una maglia per Regeni». Anche il calcio chiede verità
Accolto l’appello di Antigone e Amnesty per il 23 e 24 aprile. Partiti divisi sui rapporti con l’Egitto
«Il 23 e 24 aprile i nostri calciatori scenderanno in campo indossando la maglia con la scritta “Verità per Giulio”». Con l’annuncio di ieri, giunto dopo l’appello delle associazioni per i diritti civili Amnesty e Antigone, il presidente della Lega di serie B, Andrea Abodi, dimostra che c’è la mobilitazione per Regeni va oltre la politica. Che però reagisce, dopo la conferenza stampa dei familiari del ricercatore, chiedendo «verità e giustizia», sia pure con accenti diversi. Il vicesegretario pd Lorenzo Guerini scrive: «Accanto ai genitori di Giulio Regeni, al loro dolore, alla loro dignità, lavoriamo senza fermarci per la verità piena». Luigi Zanda, capogruppo dem al Senato, definisce «le versioni di comodo assurde e offensive: la sete di verità dei genitori è la nostra».
Ma alcuni partiti si spingono oltre. Da più parti si chiede il ritiro dell’ambasciatore italiano al Cairo: lo fa Nicola Fratoianni, di Sel, ma anche il M5S. Che alza il tiro: «Ci impegniamo a portare il caso all’attenzione del Parlamento Ue», scrivono i senatori Alberto Airola e Laura Bottici, assieme all’europarlamentare Fabio Massimo Castaldo. Non mancano le accuse al governo, «di codardia», dai 5 Stelle. All’attacco anche il leghista Roberto Calderoli: «Non abbiamo esitato a votare per le sanzioni alla Russia e adesso tremiamo davanti all’Egitto? Basta, ritiriamo il nostro ambasciatore e, se dovesse continuare la presa in giro, rompiamo i rapporti diplomatici, turistici e commerciali». Diversa la posizione del presidente della commissione Esteri della Camera, Fabrizio Cicchitto (Ncd) che, pur «commosso» per le parole della madre, spiega: «C’è chi sta strumentalizzando il caso Regeni per far saltare i legami tra Italia ed Egitto, come nell’Eni. Non credo che il governo sia stato così idiota da perseguitare un giovane senza motivo. L’ipotesi più probabile è che un corpo dello Stato abbia agito senza essere azionato dal governo egiziano, o che sia stata una entità criminale attivata da forze straniere». «Non vogliamo verità di comodo. Non stiamo attendendo i comodi delle autorità egiziana, ma l’attività della magistratura italiana, che non si fa condizionare da elementi legati alla ragion di Stato» dice Andrea Orlando, ministro della Giustizia.
Il ministro Orlando Non attendiamo i comodi dell’Egitto ma il lavoro dei giudici italiani