Al setaccio la rete italiana del «falsario» e del kamikaze
Un selfie incastra l’algerino arrestato a Bellizzi. Nel suo computer si cercano i contatti jihadisti nel nostro Paese
Un computer, alcune chiavette Usb, almeno due cellulari: l’elenco dei contatti di Djamal Eddine Ouali — l’algerino arrestato in provincia di Salerno perché ritenuto uno dei falsari che ha fornito i documenti ai terroristi di Francia e Belgio — è nelle mani dell’Antiterrorismo.
Mentre in Veneto i carabinieri del Ros sono sulle tracce del passato di Khalid El Bakraoui, l’attentatore che si è fatto esplodere nella stazione della metropolitana di Maelbeeck, i poliziotti della Digos stanno analizzando il materiale sequestrato nell’abitazione dove lo straniero viveva con la moglie incinta. Si tratta della casa di Mustafà El Melik, sposato con un’italiana, padre di un ragazzo arruolato nell’esercito. Il cognato è uno dei responsabili della Moschea di Bellizzi e adesso sono proprio questi luoghi ad essere finiti sotto controllo per verificare eventuali altri «appoggi» in Italia.
Venerdì — nel corso dell’udienza di fronte alla corte d’appello — l’uomo non si opporrà all’estradizione in Belgio, richiesta dai magistrati di Bruxelles. Gli investigatori italiani stanno cercando di individuare tutte le persone con cui era in contatto proprio per verificare se anche nel nostro Paese avesse avviato un’attività criminale legata alla cessione di documenti contraffatti. Che fosse al servizio della «cellula» jihadista entrata in azione prima a Parigi e poi a Bruxelles sarebbe dimostrato — almeno a leggere il mandato di cattura europeo — dal materiale ritrovato nel «covo» di Saint Gilles, sobborgo della capitale belga, nell’ottobre scorso. In particolare, la sua fotografia scattata con un «selfie» è stata ritrovata in uno dei computer sequestrato nell’appartamento e utilizzato proprio per «fabbricare» carte di identità e passaporti.
Tracce utili avrebbe lasciato nel nostro Paese anche El Bakroui, pur essendo rimasto soltanto una notte prima di ripartire per Atene.
Gli investigatori sono convinti che la capitale greca fosse diventata strategica per i terroristi, visto che qualche giorno dopo è arrivato anche Salah Abdeslam, mentre Abdelhamid Abaaoud — ritenuto Eddine Djamal viveva con la moglie incinta nella casa di El Melik, sposato con un’italiana. Il cognato è uno dei responsabili della Moschea locale la «mente» del gruppo — aveva a disposizione un appartamento dove sono state ritrovate le mappe utili agli attacchi.
Adesso stanno cercando di ricostruire le transazioni economiche e gli eventuali contatti telefonici proprio per tentare di risalire ad altri componenti della rete che ha fornito appoggi e supporto. Anche tenendo conto che oltre a quello del calciatore Ibrahim Maaroufi, l’uomo ha utilizzato anche altri «alias». Identità segrete utilizzate mentre pianificava gli attentati.
Sulle tracce