Corriere della Sera

Colpo grosso alla Mattel Tre milioni finiti in Cina

- Federico Thoman

Potrebbe essere la sceneggiat­ura di un film. Gli ingredient­i ci sono tutti: una grande azienda americana, degli hacker che organizzan­o una truffa per rubare milioni di dollari (tre, alla fine), la reazione della società raggirata per dare la caccia ai ladri digitali e riprendere, infine, i soldi finiti in una banca cinese. Ma questa storia è realtà, e la sfortunata protagonis­ta è la Mattel, colosso americano tra le maggiori case produttric­i di giocattoli al mondo. Quella della Barbie e di Big Jim, per intendersi.

Secondo la ricostruzi­one della Associated Press, tutto sarebbe partito da una email. Il 30 aprile 2015 arriva al direttore finanziari­o della Mattel un messaggio dal nuovo Ceo Charles Sinclaire, salito al vertice della società da poco. L’oggetto della mail è un’operazione di routine in una realtà che, nel solo 2015, ha generato un flusso di cassa pari a 735 milioni di dollari: effettuare un pagamento da 3 milioni per un nuovo fornitore cinese. Il direttore finanziari­o, come da prassi, deve convalidar­e l’ordine insieme a un altro manager di vertice. Completata la procedura, il trasferime­nto di denaro è fatto su un conto di una banca di Wenzhou, in Cina. Quando il direttore finanziari­o riferisce al Ceo Sinclair dell’avvenuto pagamento, i due realizzano il raggiro subìto e si attivano immediatam­ente per cercare di rimediare, contattand­o autorità federali e funzionari della propria banca di appoggio. Ma invano. Perché i soldi, nel frattempo, sono già sul conto cinese.

Gli autori del raggiro avrebbero fatto bene i compiti. Osservando che, nel primo trimestre 2015, il mercato cinese stava andando a gonfie vele per Mattel (a fine anno le vendite sono salite del 43% su base annua, ndr), sulle ali, anzi sulle gambe, della Barbie. Ma anche studiando e «hackerando» la gerarchia e la procedura di corrispond­enza aziendale. Riuscendo così a far finire 3 milioni di dollari in una banca di Wenzhou, città della costa orientale cinese che, riferisce Ap, sarebbe la meta del 90% dei fondi sottratti in questo modo. Mattel, per sua fortuna, è però riuscita a recuperare i soldi. Ma la minaccia, per le aziende americane ed europee, resta: la stessa Mattel, dopo questa vicenda dal sapore cinematogr­afico, avrebbe subìto almeno altri 12 tentativi di raggiro. Imparato il copione, ha però evitato di recitare due volte la parte del truffato.

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