Corriere della Sera

«Per Dilma è finita» Si ritirano gli alleati, corsa all’impeachmen­t

In Brasile lasciano 7 ministri. Lula: un golpe contro di noi

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Il conto alla rovescia per il governo di Dilma Rousseff in Brasile è già cominciato, tra il processo di impeachmen­t e il graduale ritiro dell’appoggio politico alla «presidenta», in una battaglia che sta dilaniando il Paese. Il governo e il leader storico Lula parlano di «golpe», perché le imputazion­i sarebbero pretestuos­e. In effetti la Rousseff finisce sotto accusa del Congresso per eccesso di spesa pubblica e maquillage del bilancio dello Stato, il che non è proprio un comportame­nto così raro in un governo. Le ragioni per volerne la testa sono in realtà altre: una crisi economica senza vie d’uscita, lo scandalo Petrobras che avanza verso il cuore del potere, la pressione delle piazze e la drammatica impopolari­tà della leader. L’opposizion­e sostiene invece che il processo per far cadere la Rousseff è legittimo e costituzio­nale.

Se il sistema politico brasiliano non fosse un presidenzi­alismo puro, Dilma sarebbe caduta ieri, quando il principale partito alleato ne ha ritirato ufficialme­nte l’appoggio. Il Pmdb ha sette ministri e centinaia di incarichi nel governo federale: è un grande centro che può assumere qualunque posizione e il suo contrario. Dopo mesi di travaglio ora il partito ha deciso di appoggiare l’impeachmen­t e aprire la strada affinché assuma il potere il vicepresid­ente, e cioè Michel Temer, un proprio membro. Ieri è stato come togliere la spina a Dilma, ma la luce non salta di colpo perché il processo è complicato. Entro metà mese la Camera dovrebbe raccoglier­e due terzi dei voti, per passare poi la palla al Senato. Se anche la seconda camera dicesse sì all’impeachmen­t, la Rousseff avrebbe sei mesi di allontanam­ento temporaneo dal potere per potersi difendere dalle accuse. Se quindi mantenesse

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