L’attacco del premier ai «finti» ambientalisti
Trivelle, stoccata di Palazzo Chigi e nel partito si rafforza il fronte del no. Ma Speranza: grave astenersi
Nel Pd dilaniato dallo scontro permanente si rafforza il fronte del «no» al referendum sulle trivelle. Renzi ha indicato la via dell’astensione, ma ha fatto anche capire come la pensa nel merito. «Un mondo che va avanti solo a rinnovabili per il momento è un sogno» ha scritto dagli Stati Uniti il premier, che ha inaugurato in Nevada, a Fallon, la centrale ibrida di Enel Green Power. Un impianto che, per Renzi, dimostra quanto il governo italiano creda nelle energie rinnovabili, senza però cedere alla ideologia di coloro che a Palazzo Chigi vengono definiti finti ambientalisti.
Per una volta il premier la pensa come Romano Prodi, il quale ha definito il referendum «un suicidio nazionale» ed espresso valutazioni in favore del «no» che interrogano anche Enrico Rossi. Il presidente della Toscana andrà a votare, ma prima vuole capire: «Se vince il “sì” accade che si torna alla vecchia normativa, oppure salta tutto? Sono preoccupato degli effetti che questo potrebbe avere non solo sull’occupazione, ma su quegli equilibri su cui anche Prodi si è espresso». Il fondatore dell’Ulivo è diventato il faro di tutti coloro che, nel Pd, sperano nel fallimento del referendum, con grande imbarazzo di chi, a sinistra, tifa per la vittoria dei «sì».
La consultazione del 17 aprile spacca il Pd e divide la minoranza. Se Roberto Speranza, Miguel Gotor e Nico Stumpo si preparano a votare «sì», Pier Luigi Bersani non ha ancora deciso. C’è chi si dice convinto che l’ex segretario si schiererà come Prodi in favore del «no», in virtù delle sue convinzioni industrialiste e del fatto che in Emilia-Romagna tante famiglie vivono di trivellazioni. Ma c’è anche, tra i fedelissimi, chi invita ad «andarci cauti» nel prevedere le mosse di Bersani, il quale potrebbe scegliere il «sì» a sostegno di una visione ambientalista. «Votare sì ha un importante valore simbolico, politico e culturale — dice il bersaniano Gotor —. Parla all’identità costitutiva del Pd, fondata sulla partecipazione e su una coscienza ambientalista moderna». Speranza insiste nel dire che «la linea dell’astensione è un errore grave» e spinge perché Renzi, da qui alla direzione del 4 aprile, decida di cambiare rotta: «Se tanti nostri elettori voteranno “sì” per affermare un nuovo modello di sviluppo sostenibile, il Pd non può spingere per andare al mare». I renziani Alessia Rotta ed Ernesto Carbone accusano la sinistra di incoerenza: perché l’astensione andava bene per i Ds nel 2003 sull’articolo 18 e non va bene sulle trivelle? Davide Zoggia ribatte che è «assurdo nascondersi dietro al passato» e il renziano Andrea Marcucci rimprovera alla minoranza di «oscillare tra il “sì”, il “no” e il forse». E mentre i dem si azzuffano, la Consulta si prepara a esaminare martedì un’altra norma dello Sblocca Italia: l’articolo 37, che riguarda gasdotti, rigassificatori e infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, è stato impugnato da Abruzzo, Marche, Puglia e Calabria.