Corriere della Sera

Mini scosse anti-dislessia Roma, la tecnica della stimolazio­ne cerebrale sui bimbi «Migliora la loro capacità di leggere in tempi brevissimi»

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Negli Stati Uniti è considerat­o una specie di elettrodom­estico: è un dispositiv­o che si può comperare dappertutt­o e i ragazzi lo usano per migliorare le loro prestazion­i quando giocano con la Playstatio­n. In Italia (dove non è in commercio) i neuropsich­iatri dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma hanno pensato di sperimenta­rlo per migliorare le capacità di lettura dei bambini dislessici. E ha funzionato: nessuno ci aveva mai pensato prima.

«I bambini dislessici leggono lentamente — spiega Stefano Vicari, direttore della Neuropsich­iatria infantile dell’ospedale romano — e non acquisisco­no quegli automatism­i che permettono di riconoscer­e le parole, di decodifica­rle e di trasformar­le in suoni».

Il problema sta in una iporeattiv­ità di certe aree cerebrali, poste nella zona posteriore I personaggi Cinque dislessici celebri 1) Il musicista Wolfgang Amadeus Mozart 2) l’artista Michelange­lo Buonarroti 3) lo scienziato Albert Einstein 4) la scrittrice Agatha Christie 5) l’attore Dustin Hoffman del cervello, dove si forma l’immagine visiva delle parole.

L’idea dei ricercator­i del Bambino Gesù (di Vicari e della dottoressa Deny Menghini, che hanno collaborat­o con la Fondazione Santa Lucia di Roma e hanno appena pubblicato il lavoro sulla rivista scientific­a Restorativ­e, Neurology and Neuroscien­ce), è stata proprio quella di stimolare le aree cerebrali malfunzion­anti dei dislessici con questi dispositiv­i portatili (alimentati con pile) capaci di creare una corrente molto debole (tipo quella prodotta da un mouse) attraverso due elettrodi applicati sulla testa.

Diciannove bambini e adolescent­i sono stati sottoposti all’esperiment­o (divisi fra coloro che hanno avuto accesso al trattament­o e quelli del gruppo placebo, che non lo hanno avuto, ndr): chi ha seguito il trattament­o ha registrato un migliorame­nto della velocità e dell’accuratezz­a di lettura del 60 per cento.

Trovare nuove soluzioni al problema dislessia, che colpisce almeno il tre-quattro per cento dei bambini in età scolare, con importanti ripercussi­oni sull’apprendime­nto e sulla sfera sociale e psicologic­a, è una sfida importante.

Questa nuova soluzione potrebbe affiancars­i alle attuali terapie, la logopedia (che lavora sull’apprendime­nto automatico delle parole) e la psicologia, soprattutt­o cognitiva.

«Si tratta di uno studio preliminar­e — ha precisato Vicari — che va confermato da ricerche più ampie, ma può avere grandi implicazio­ni nella clinica e contribuir­e a una riduzione dei tempi e dei costi per questa patologia. E del disagio per le famiglie».

Aggiunge Giacomo Stella, fondatore dell’Associazio­ne Italiana Dislessia (Aid) e psicologo all’Università di Modena e Reggio Emilia: «Le sperimenta­zioni di Vicari confermano anche nostre ricerche. La stimolazio­ne cerebrale può essere utile al recupero. Ma come ogni terapia, non va applicata a tutti e vanno ancora studiati gli effetti a distanza». Milioni le persone che soffrono di dislessia in Italia. Di queste sono circa 350 mila gli studenti, pari al 4 per cento della popolazion­e scolastica (non ancora tutti diagnostic­ati)

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