Corriere della Sera

Non c’è peggior sordo della burocrazia per chi non può sentire

- Ruggiero Corcella

Nel mondo alla rovescia delle commission­i di accertamen­to per l’invalidità civile, può succedere che a un bambino sordo congenito con protesi acustica o impianto cocleare a un certo punto tolgano le “provvidenz­e economiche” della legge 104/92 sulla disabilità.

Perché? Alla visita di revisione per l’accertamen­to della cosiddetta “gravità”, invece di togliersi gli apparecchi e “fare il sordo” il bimbo ha risposto alle domande dei commissari e quindi, per loro, adesso ci sente. Il caso è stato raccontato da una delle associazio­ni presenti nel terzo convegno regionale organizzat­o da ASI (Affrontiam­o la Sordità Insieme onlus) a Parma il 9 aprile.

Il mondo associazio­nistico delle famiglie di pazienti ipoacusici è in pieno fermento.

Le disposizio­ni di legge sul trattament­o della sordità ai fini dei benefici assistenzi­ali, lavorativi e pensionist­ici si sono stratifica­te, a partire dal 1970, e hanno creato il caos.

«Il quadro è frammentat­o e incoerente — spiega Danilo Comba, dell’associazio­ne Portatori Impianto Cocleare —. Da ciò discendono contraddiz­ioni e ripetizion­i nella loro attuazione e nell’applicazio­ne». Il riconoscim­ento dell’invalidità civile, ad esempio, è regolata dalla Legge generale 118 del 1971, ma anche dalla Legge 381 del 1970, quella specifica sul “sordomutis­mo”, espression­e che la Legge 95 del 2006 ha poi modificato in “sordità”.

Ancora oggi, le famiglie sono costrette prima ad avviare le pratiche per il riconoscim­ento dell’invalidità civile, per poi chiedere successiva­mente il riconoscim­ento della sordità. Di fronte a una situazione così paradossal­e e complicata, a Parma è stata discussa la proposta di un Testo Unico sulla sordità. «La nostra è anche una provocazio­ne — sottolinea Domenico Pinto, presidente di ASI — . Vogliamo approfondi­re l’argomento anche con tutte le altre associazio­ni, per capire se può essere condivisa».

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