Corriere della Sera

Il metrò di Roma (dai costi record) che rischia di non finire mai

La linea C iniziata nel 2006 rischia di non finire mai: spese aumentate del 23%, lavori già indietro di un anno

- Di Sergio Rizzo

La grande caserma per i legionari di Roma, a pochi passi da quella che è oggi Porta Metronia, scoperta durante gli scavi per la stazione della linea C della metropolit­ana. Un ritrovamen­to sensaziona­le. Le camerate e le stanze degli ufficiali: alcune affrescate, altre con preziosi pavimenti di mosaico. Sepolto per quasi 18 secoli, ci è voluta la metro C per farlo venire alla luce. Le sue dimensioni sono così imponenti da chiedersi: com’è stato possibile che nessuno se ne sia accorto prima, quando hanno fatto i carotaggi?

C’era una caserma. Una grande caserma per i legionari di Roma, a pochi passi da quella che è oggi Porta Metronia. L’hanno scoperta durante gli scavi per la stazione della linea C della metropolit­ana. Un ritrovamen­to sensaziona­le. Che però, da un altro punto di vista, è solo l’ultimo guaio per quella che si sta profilando come l’opera pubblica più costosa del dopoguerra. Ci sono le camerate e le stanze degli ufficiali: alcune affrescate, altre con i pavimenti di mosaico. Era stata costruita quando a Roma regnava l’imperatore Adriano, ma un secolo più tardi l’avevano abbattuta, rasandola fino a un metro e mezzo da terra e poi interrando­la, perché nel frattempo avevano tirato su le mura aureliane e quel quartiere militare era rimasto fuori dalla cinta. Sepolto per quasi 18 secoli, ci è voluta la Metro C per farlo venire alla luce. Ma le sue dimensioni sono così imponenti da chiedersi: com’è stato possibile che nessuno se ne sia accorto prima, quando hanno fatto i carotaggi? Perché i carotaggi, ovvero i saggi in profondità per appurare se nello strato archeologi­co ci sono dei resti, sono sicurament­e stati fatti, vero? Domanda inevitabil­e, se si considera che il castro imperiale dell’Amba Aradam, com’è stato battezzato, occupa una superficie pari a metà di quella della stazione che dev’essere realizzata lì sopra. Sfortuna, dicono a mezza bocca in cantiere. Avranno bucato dove non c’era niente, chissà. Appunto. Non può non tornare alla mente quella relazione dell’Autorità anticorruz­ione, dove il presidente Raffaele Cantone sostiene che la superficia­lità con cui sarebbero state condotte le indagini preliminar­i avrebbe «determinat­o una notevole aleatoriet­à delle soluzioni progettual­i da adottare nella fase di esecuzione e, ad appalto già in corso di esecuzione, rilevanti modifiche rispetto alle previsioni contrattua­li, in particolar­e l’effetto della nuova tipologia esecutiva delle stazioni».

Ed è qui, con ogni probabilit­à, il cuore del problema. C’entrano l’accuratezz­a delle indagini e la qualità dei progetti: lo dice l’Anac. Difficile spiegare solo con la sfortuna le 45 (quarantaci­nque) varianti in corso d’opera, con un costo lievitato da 3 miliardi e 47 milioni dell’aggiudicaz­ione a 3 miliardi 739 milioni: 692 milioni di differenza, più 22,7 per cento, per un’opera iniziata dieci anni fa e che non è neppure a metà. Mentre i costi continuano a salire inesorabil­mente e i tempi, altrettant­o inesorabil­mente, ad allungarsi. C’è un documento di qualche giorno fa nel quale è descritto uno stato di cose che dovrebbe preoccupar­e assai chiunque si dovesse sedere fra un mesetto sulla poltrona di sindaco della capitale. È la relazione del colleg i o si n d a c a l e d i Roma Metropolit­ane, la società del Campidogli­o che gestisce l’appalto della Metro C con 180 persone. Lì dentro si racconta che sei mesi fa il general contractor Metro C, di cui fanno parte Astaldi, Vianini del gruppo Caltagiron­e, il consorzio Cooperativ­e costruzion­i e l’Ansaldo Finmeccani­ca ha fatto causa alla stessa Roma metropolit­ane chiedendo altri 348 milioni. Il bello è che 71 milioni la società comunale avrebbe già dovuto pagarli da tempo, e per altri 152 aveva riconosciu­to di doverli pagare. Per non parlare di un paio di «atti aggiuntivi» a causa dei quali Metro C avanza la pretesa di una ventina di milioni. Non bastasse, lo stesso documento informa che i lavori alla stazione San Giovanni sono stati interrotti il 21 ottobre 2015: « sospension­e » , c’è scritto, «che ancora oggi impedisce l’avanzament­o delle opere». Ragion per cui, continuano i revisori, «i lavori della tratta dalla stazione San Giovanni fino al Colosseo registrano, al 31 ottobre 2015, un ritardo di 316 giorni rispetto al termine di fine lavori stabilito al 22 settembre 2020 con ingentissi­me riserve già iscritte da Metro C». Il risultato? L’area archeologi­ca fra le più importanti del pianeta, parliamo di quella intorno al Colosseo, è destinata a restare un cantiere con monumenti quali la basilica di Massenzio avvolti dai ponteggi almeno fino al 2022: quando il mandato del prossimo sindaco sarà già finito da un pezzo. Per la maggior gioia dei milioni di turisti che nei prossimi sei anni arriverann­o a Roma.

E la colpa non è certo di quel clamoroso ritrovamen­to archeologi­co, che forse poteva (e doveva) essere previsto. Quella scoperta, anzi, potrebbe paradossal­mente contribuir­e a dare una scossa a una vicenda dai contorni comunque inaccettab­ili per qualunque opera pubblica: a maggior ragione se c’è in ballo, come di sicuro in questo caso, una figuraccia planetaria. La metropolit­ana più cara del mondo sta naufragand­o in un delirio di varianti, arbitrati, riserve e contenzios­i. Di tutti contro tutti. Roma metropolit­ane fa causa al proprio azionista, il Comune di Roma, a colpi di decreti ingiuntivi, rivendican­do 45 milioni. Il consorzio Metro C porta invece in tribunale Roma Metropolit­ane, chiedendon­e quasi 350. E anche all’interno stesso di Roma Metropolit­ane volano gli stracci: con il presidente Omodeo Salè che denuncia per diffamazio­ne il collegio sindacale e il collegio sindacale che a sua volta denuncia il presidente alla Corte dei conti per danno erariale. Senza dire di alcuni strascichi maleodoran­ti, puntualmen­te citati nella relazione dei sindaci che contestano nuovamente, ad esempio, l’affidament­o diretto a Metro C dei lavori per la pedonalizz­azione dei Fori imperiali, inizialmen­te previsti in 2,2 milioni e poi ridimensio­nati a 700 mila euro. Ce ne sarebbe abbastanza per mandare tutti a casa, chiudere la partita e ricomincia­re daccapo. Ma ci vorrebbe la bacchetta magica solo

per uscire dal groviglio delle carte bollate. Come sa bene il ministro delle Infrastrut­ture Graziano Delrio, che ha messo l’ex assessore ai Trasporti della Regione Campania Ennio Cascetta al posto di responsabi­le della struttura di missione per le grandi opere un tempo guidata da Ercole Incalza. E sta facendo sentire sempre di più il proprio peso sul dossier. Tanto che non ci sarebbe da meraviglia­rsi se la regia si trasferiss­e dal Campidogli­o al ministero. Anzi, dopo quello che si è visto finora dovremmo forse augurarcel­o. Peggio di così, certo non potrebbe andare.

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 ??  ?? La scoperta Durante i lavori di realizzazi­one della fermata Amba Aradam della Metro C di Roma è stata ritrovata una caserma del II secolo dopo Cristo
La scoperta Durante i lavori di realizzazi­one della fermata Amba Aradam della Metro C di Roma è stata ritrovata una caserma del II secolo dopo Cristo

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