Corriere della Sera

Partiti, polemica sui Cinque Stelle: via l’obbligo di democrazia interna

L’emendament­o M5S alla riforma in Senato. Il Pd: voi allergici, siete la Spectre

- Alessandro Trocino

Via l’obbligo di democrazia interna per partiti e movimenti, chiede il Movimento 5 Stelle. «Siete allergici alla democrazia», risponde il Partito democratic­o. Sull’onda del caso Pizzarotti, si accende un duro scontro, proprio mentre la legge sui partiti, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzio­ne, arriva alla commission­e Affari costituzio­nali della Camera.

Si voterà da oggi, con il presidente del Senato Pietro Grasso che invita a portare avanti la legge sui partiti «all’unisono» con le riforme costituzio­nali e elettorale. Ma è già guerra di emendament­i e di posizione. La scorsa settimana il relatore Matteo Richetti (Pd) ha predispost­o un testo unificato delle diverse proposte di legge. Sono stati depositati 200 emendament­i. Durante la discussion­e, il M5S si è opposto all’obbligo di statuto previsto dalla proposta di legge ufficiale del Pd (a prima firma di Lorenzo Guerini), che esclude dalle elezioni i partiti privi di statuto. Il testo di Richetti non ha fatto propria la sanzione proposta da Guerini. Ma sancisce che la vita interna di partiti e movimenti sia «improntata al metodo democratic­o».

Il primo emendament­o dei 5 Stelle, a prima firma Danilo Toninelli, sopprime il comma con l’obbligo di democrazia interna. Spiega il deputato: «Il metodo democratic­o interno è già previsto all’articolo 18 della Costituzio­ne». Un secondo emendament­o grillino sostituisc­e l’obbligo di democrazia interna dei partiti con l’obbligo di democrazia interna al sistema politico italiano.

Il testo di Richetti prevede più obblighi per i partiti che vogliono usufruire del due per mille e dei benefici fiscali, mentre per i movimenti che non vogliono ricorrervi — come M5S — gli oneri sono minori. Tuttavia anche per loro è obbligator­io avere un sito internet per la «trasparenz­a», in cui pubblicare le procedure e gli organi che assicurano la democrazia interna. Anche di questo comma, M5S chiede l’abrogazion­e, con un emendament­o a prima firma di Federica Dieni.

Ci sono anche diversi emendament­i che impongono a partiti e movimenti di avere un organo disciplina­re o di garanzia diverso dall’organo esecutivo. Questi emendament­i, chiamati «salva Pizzarotti», sono stati depositati da esponenti di Sel (Stefano Quaranta), Lega (Cristian Invernizzi) e dagli ex M5S Cristian Iannuzzi e Mara Mucci.

Il Pd attacca frontalmen­te, con David Ermini, responsabi­le giustizia: «Ci risiamo. Dopo il caso Pizzarotti, Grillo e Casaleggio junior stringono la morsa sul movimento per impedire la democrazia interna. Sono allergici». E con Andrea Romano: «Noi vogliamo più democrazia, M5s no. Chissà perché. #M5Spectre».

Intanto il sindaco di Parma vede respinta la sua richiesta di convocazio­ne di una riunione con il direttorio o con il gruppo parlamenta­re. I 5 Stelle dicono no. Luigi Di Maio risponde a chi gli ricorda della email anonima inviata a Pizzarotti con richiesta di spiegazion­i: «Arrivava dallo staff di Beppe Grillo, mica dello staff di Zorro». E ancora: «Chi non rispetta le regole è fuori». Pizzarotti replica: «Chi ha deciso che l’assemblea non è da farsi? Come al solito, non sono io che mi sottraggo al dialogo».

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(LaPresse) La cerimonia A Firenze Luigi Di Maio, al centro, partecipa al «restitutio­n day» grazie al quale sarà possibile acquistare 100 defibrilla­tori

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