Il segreto di Verstappen? Un simulatore nel salotto di casa
In salotto Max Verstappen si allena al simulatore installato nel salotto di casa Il «manico» è naturale, ma l’intelligenza artificiale l’ha aiutato. Dietro al successo epico di Max Verstappen a Barcellona non ci sono solo la sua classe e un padre-padrone che lo ha programmato per vincere, ma anche altro. Il diciottenne ha una cura maniacale per i dettagli, passa ore su un sedile con il volante in mano, davanti a uno schermo tridimensionale. In casa si è costruito un simulatore all’avanguardia per allenarsi. Aveva iniziato a lavorarci su quando nessuno lo conosceva. Usava soluzioni fai-da-te: sfidava (e umiliava) in incognito pivelli e aspiranti piloti, collegato in rete. Poi l’anno scorso, con il debutto in F1, ha trovato uno sponsor che gli ha fornito materiale più raffinato. La playstation in salotto l’ha così trasformata nella chiave per affrontare piste sconosciute. Non sarà il simulatore della Red Bull da milioni di euro, ma secondo Max funziona. Serve a mettere a punto le traiettorie, a ricordare ogni punto del circuito, a calcolare gli spazi di attacco, ad aumentare i riflessi: «È un’ottima palestra. Mi rimane tutto in testa» ha raccontato. E c’è da credergli: perché il baby prodigio delle corse è saltato da una F3 a una monoposto da 800 cavalli senza passare per le categorie intermedie, la Gp2 e la Gp3. Conosceva poco le piste del Mondiale e ignorava quelle extraeuropee. Non avendoci mai corso, si è studiato i pixel a memoria (agli albori della multimedialità, l’aveva fatto pure Jacques Villeneuve, ovviamente con mezzi inferiori). Nei suoi prepotenti sorpassi, il digitale si è rivelato un’arma in più: a Spa, una delle «cattedrali» della F1, Max ha stordito Felipe Nasr con un prolungato assalto a 320 orari alla curva Blanchimont. Per la Fia è stata la manovra più bella del 2015. Anche lì Max svelò di averla provata prima in un videogame. A Montecarlo, invece, gli è andata male: urtò Grosjean e finì contro un muretto. Penalizzato di 5 posizioni, disse: «Non cambierò mai il mio modo di guidare». Per fortuna.