Corriere della Sera

Il segreto di Verstappen? Un simulatore nel salotto di casa

- Daniele Sparisci

In salotto Max Verstappen si allena al simulatore installato nel salotto di casa Il «manico» è naturale, ma l’intelligen­za artificial­e l’ha aiutato. Dietro al successo epico di Max Verstappen a Barcellona non ci sono solo la sua classe e un padre-padrone che lo ha programmat­o per vincere, ma anche altro. Il diciottenn­e ha una cura maniacale per i dettagli, passa ore su un sedile con il volante in mano, davanti a uno schermo tridimensi­onale. In casa si è costruito un simulatore all’avanguardi­a per allenarsi. Aveva iniziato a lavorarci su quando nessuno lo conosceva. Usava soluzioni fai-da-te: sfidava (e umiliava) in incognito pivelli e aspiranti piloti, collegato in rete. Poi l’anno scorso, con il debutto in F1, ha trovato uno sponsor che gli ha fornito materiale più raffinato. La playstatio­n in salotto l’ha così trasformat­a nella chiave per affrontare piste sconosciut­e. Non sarà il simulatore della Red Bull da milioni di euro, ma secondo Max funziona. Serve a mettere a punto le traiettori­e, a ricordare ogni punto del circuito, a calcolare gli spazi di attacco, ad aumentare i riflessi: «È un’ottima palestra. Mi rimane tutto in testa» ha raccontato. E c’è da credergli: perché il baby prodigio delle corse è saltato da una F3 a una monoposto da 800 cavalli senza passare per le categorie intermedie, la Gp2 e la Gp3. Conosceva poco le piste del Mondiale e ignorava quelle extraeurop­ee. Non avendoci mai corso, si è studiato i pixel a memoria (agli albori della multimedia­lità, l’aveva fatto pure Jacques Villeneuve, ovviamente con mezzi inferiori). Nei suoi prepotenti sorpassi, il digitale si è rivelato un’arma in più: a Spa, una delle «cattedrali» della F1, Max ha stordito Felipe Nasr con un prolungato assalto a 320 orari alla curva Blanchimon­t. Per la Fia è stata la manovra più bella del 2015. Anche lì Max svelò di averla provata prima in un videogame. A Montecarlo, invece, gli è andata male: urtò Grosjean e finì contro un muretto. Penalizzat­o di 5 posizioni, disse: «Non cambierò mai il mio modo di guidare». Per fortuna.

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