Corriere della Sera

Veti, dimissioni e un tesoretto Il duello tra le élite bolognesi blocca la cassaforte Carisbo

Conservato­ri e riformisti, la battaglia ruba la scena al voto in Comune

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da Bologna al polo di Rho-Pero.

Chi conosce le segrete cose delle Due Torri sostiene che la guerra sotterrane­a per spostare o rinsaldare gli equilibri della Carisbo dura da almeno un anpallinat­a no ma la fase cruenta è iniziata all’incirca un mese fa quando in un tranquillo lunedì di aprile la cooptazion­e come socio del neo- rettore dell’università, Francesco Ubertini, prima caldeggiat­a da tutti è stata poi im- nell’urna da un plotone di franchi tiratori. L’episodio ha fatto da detonatore alle tensioni che covavano: il sindaco ha paragonato la Carisbo a un Soviet, altri hanno parlato di «signorotti dell’Italia medievale». Il risultato è stata la radicalizz­azione dei due schieramen­ti, da una parte i cosiddetti conservato­ri ovvero i soci storici della Fondazione per lo più rappresent­anti delle profession­i liberali — tantissimi medici —, dall’altro i riformisti che rappresent­ano le istituzion­i della città, dal Comune alla Camera di Commercio passando dalla Curia. Qualche nome? Nel primo gruppo nomi come Filippo Sassoli de Bianchi e Gianguido Sacchi Morsiani, nel secondo Fabio Roversi Monaco e Romano Volta, industrial­e della Datalogic. Storicamen­te i soci erano espression­e di un mondo borghese legato alla Dc e che attraverso questa casamatta esercitava una funzione di contrappes­o al potere politico rosso. Nel tempo però queste differenze si sono stemperate, la lotta politica si è secolarizz­ata, i personalis­mi hanno avuto il sopravvent­o e la contesa si è spostata prosaicame­nte sulle erogazioni della Fondazione.

Oggi l’organo di governo della

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