La pm: ergastolo a Bossetti, anche se manca un movente preciso La requisitoria al processo per la morte di Yara: «Il Dna è il nostro faro e lui mente». Chiesti anche 6 mesi di isolamento
Massimo Bossetti non fa una piega quando la pm Letizia Ruggeri pronuncia la frase che tutti si aspettavano. Una richiesta annunciata, per l’omicidio di Yara Gambirasio: «Condanna all’ergastolo con isolamento per sei mesi». Due agenti della polizia penitenziaria e un carabiniere sono alla destra dell’imputato, pronti a bloccare ogni sua reazione. Ma non ce n’è bisogno. Bossetti è impietrito. Lo prendono sottobraccio e lui sparisce dalla porta secondaria dell’aula della Corte d’Assise ancora immersa nei commenti del pubblico anche ieri diviso tra innocentisti e colpevolisti.
La linea dura della pm arriva al termine di cinque ore di requisitoria, più otto della scorsa udienza, in cui è emerso il vuoto di Sotto accusa Massimo Bossetti è l’unico imputato nel processo per l’omicidio della 13enne Yara Gambirasio questa vicenda. L’accusa lo ammette: «Non sappiamo che cosa sia successo esattamente, abbiamo indagato sull’interesse dell’imputato per le donne, anche giovani, reali e nelle ricerche sul computer, ma non c’è stato modo di individuarlo». C’è un però. «L’assenza di movente non ci deve sorprendere e nulla toglie alla significatività della prova del Dna e degli indizi gravi e concordanti», rimarca l’accusa, che cita il caso di Roberto Paribello, camionista bergamasco condannato all’ergastolo perché nel 2002 uccise, strangolandola, una ragazza incontrata per caso in A4, dopo che un sassolino dal tir finì contro la portiere della Y10 di lei.
Gli elementi, dunque. Il Dna, «il nostro faro», e gli indizi «che non hanno la pregnanza della prova genetica, ma sono significativi corollari». Cioè le celle telefoniche che collocano Bossetti a Brembate Sopra o comunque in zona il giorno dell’omicidio, l’Iveco Daily ripreso dalle telecamere girare attorno al centro sportivo con 16 dettagli in comune con quello dell’imputato, le sfere di metallo e le fibre trovate sulla vittima compatibili con quelle rinvenute sui sedili dell’autocarro.
Alla richiesta di ergastolo contribuisce «il tripudio di fandonie di Bossetti. È tutta la vita che racconta bugie. Come il tumore inventato con i colleghi di cantiere e il fatto che avesse l’obbligo di firma perché aveva picchiato la moglie». Bossetti bugiardo, secondo il pm. E senza scrupoli: «Ha voluto infierire sulla bambina, abbandonarla nel campo dove nessuno l’avrebbe trovata e infliggerle una sofferenza aggiuntiva». Eppure, altro carico contro di lui, «si ricorda quanto doveva pagare alla commercialista, che il 9 dicembre aveva l’autocarro così carico di sabbia che le gomme erano a terra, ma non che cosa ha fatto il giorno dell’omicidio». Qualcosa sì. Secondo il pm è uno squarcio inconsapevole sul campo di Chignolo d’Isola: «Bossetti, intercettato in carcere, dice a Marita che era bagnato, che nel campo c’era fango, che se corri lì è facile perdere le scarpe. E sotto quelle di Yara c’era la terra».