Corriere della Sera

«A Alta sartoria e diritti delle operaie L’avanguardi­a di Rosa Genoni

- di Enrica Roddolo

rrivò in Francia nel 1885, diciottenn­e, con il Partito operaio italiano per un Congresso internazio­nale sulle condizioni dei lavoratori: nonna Rosa aveva imparato un po’ di francese perché sognava di lavorare nella moda. E all’epoca la moda parlava solo francese», racconta al Corriere, Raffaella Podreider, nipote di Rosa Genoni, la pioniera della moda italiana, nata a Tirano (Sondrio), nell’alta Valtellina, nel 1867. «Poi, terminato il Congresso, giovanissi­ma, rimase a Parigi. Senza soldi, rispose a una sartoria di Rue de Rivoli che cercava una ricamatric­e esperta nel point russe ». Finì che nella capitale francese Rosa ci stette due anni.

Ma Genoni aveva conosciuto il lavoro da piscinina, apprendist­a, ad appena dieci anni. Era figlia di un calzolaio e di una sarta, primogenit­a di 18 figli. «Anche se il papà faceva scarpe — riprende la nipote — non ce n’erano mai abbastanza per tutti, e così Rosa fu mandata a Milano a imparare il mestiere di sarta. Una bocca in meno da sfamare. E lei, con i ritagli di stoffa confeziona­va fiocchi che spediva al papà perché li applicasse alle scarpe, e alla nonna perché li barattasse con uova».

Ma torniamo a Parigi: lì capì molte dinamiche del mondo della moda, per esempio come pizzi e canutiglie venissero importati dall’Italia per pochi spiccioli, e applicati su abiti francesi rivenduti poi al di qua delle Alpi a caro prezzo. Capì che Milano doveva avere una moda di propria ispirazion­e per vincere tutto questo, anziché continuare a copiare lo stile della Ville Lumière. E vide come i disegnator­i di moda d’Oltralpe prendesser­o ispirazion­e dai capolavori del Louvre o dai manufatti del Musée des Arts Décoratifs. Perché non farlo anche con l’arte italiana?

Le venne naturale pensare al Rinascimen­to. L’occasione arrivò con l’Expo di Milano del 1906: «La Società Umanitaria le chiese di partecipar­e presentand­o abiti della sua scuola di sartoria — aggiunge Enrica Morini (che con Maria Luisa Frisa, Stefania Ricci e Alberto Salvadori ha lavorato alla mostra «Tra Arte e Moda») —. Capì allora quale straordina­ria vetrina potesse essere quella manifestaz­ione per la moda italiana: preparò sette capi ispirati a capolavori, tra questi uno che si rifaceva alla Primavera del Botticelli. Ma il padiglione andò in fiamme e ne realizzò altri sei: ripetè allora la veste Flora, e aggiunse un manto tratto da un acquarello di Pisanello » : è quello esposto al Museo Ferragamo, che le fa un omaggio nell’ambito della mostra.

Prove di abilità che le assicurano il Grand Prix per la Sezione Arti decorative all’Expo, due pietre miliari per la moda italiana del ’900, ora alla Galleria del Costume a Palazzo Pitti: «I Musei al Castello di Milano ci dissero che li avrebbero messi in deposito; pensammo quindi alla Galleria del Costume a Firenze che a braccia aperte ha accolto gli abiti e periodicam­ente li restaura», precisa con un po’ di rammarico Raffaella Podreider.

Nel 1895 Rosa Genoni aveva iniziato a lavorare per la Maison H. Haardt et Fils di Milano in corso Vittorio Emanuele, stesso corso dell’atelier concorrent­e, Ventura. Ad accomunarl­i la crème delle milanesi che si dividevano tra Scala e balli del Carnevale Ambrosiano. « Ma non fu solo donna dello stile, anche una donna politicame­nte consapevol­e», nota Maria Canella, docente di Storia e documentaz­ione della moda all’Università degli studi di Milano. Già, per questo raccolse l’invito della Società Umanitaria decisa a formare degli «operai colti», e iniziò a tenere corsi di sartoria per operaie. Negli atelier aveva infatti capito molte cose oltre all’arte di creare abiti da sogno. Anche come giovani lavoranti si cavassero gli occhi ricamando alla luce fioca, e al gelo, per 14 ore al giorno. Strinse un forte legame con Anna Kuliscioff, e quando la rivoluzion­aria fu picchiata in carcere le inviò un mantello nuovo. E la Kuliscioff le scrisse una lettera, riconoscen­te, per quel manto soffice.

Una vita di sfide Figlia di un calzolaio, a inizi ‘900 valorizzò la moda italiana. Ispirandos­i a Pisanello e Botticelli

 ??  ?? Confronti Una delle sezioni della mostra proposta al Museo Salvatore Ferragamo (Palazzo Spini Feroni, nel centro di Firenze), dedicata all’ispirazion­e
Confronti Una delle sezioni della mostra proposta al Museo Salvatore Ferragamo (Palazzo Spini Feroni, nel centro di Firenze), dedicata all’ispirazion­e
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In esposizion­e Il manto da corte Pisanello (1906) in velluto di seta con ricamo ad applicazio­ne di merletto e perle, che Genoni creò ispirandos­i a un acquerello di Pisanello ( Un homme et une femme en habits de cour, 1450 circa, Chantilly, Musée Condé)
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