La sconosciuta monocorde dei Dardenne
Sonoi Dardenne di sempre quelli che firmano La fille inconnue (La ragazza sconosciuta), pronti a pedinare i comportamenti dei singoli perché il loro discorso sia ascoltato dai tanti. Ma questa volta la protagonista, la dottoressa Jenny Davin (Adèle Haenel), è troppo monocorde, troppo prigioniera del suo ruolo e alla fine il respiro del film ne risente. All’origine c’è qualcuno che aveva suonato al suo ambulatorio un’ora dopo la chiusura e lei, anche per spiegare come ci si deve comportare al suo stagista, non aveva aperto. Ma quando la polizia trova il cadavere di una ragazza di colore e grazie alla telecamera sopra la porta dello studio fa capire al medico che si trattava della sconosciuta che aveva suonato invano, allora Jenny si fa prendere dai rimorsi e cerca di scoprire l’identità di questa ragazza, interrogando clienti e vicini. Un percorso lungo, a volte non privo di pericoli (il mondo della prostituzione e della droga da cui veniva la morta) che serve ai due registi belgi per scavare nel tema della responsabilità di ognuno. Alla stregua di un prete laico (la dottoressa promette anonimato e silenzio con la polizia), Jenny cerca le «confessioni» di chi ha visto o sa, scoprendo un mondo di peccati, reticenze, immoralità. Per una volta, però, nella carriera dei Dardenne, queste rivelazioni sono troppo meccaniche, troppo esplicite, troppo «telefonate» e finiscono per tenere lo spettatore lontano dal film, che finisce per assomigliare troppo a un teorema moralistico. Un rischio che il filippino Brillante Mendoza cerca di evitare con il suo Ma’ Rosa (Mamma Rosa) grazie ad una macchina da presa mobilissima e a una fotografia sporca e cupa, come i labirintici e degradati quartieri di Manila dove si svolge il film. Quando la polizia arresta Rosa, che vende droga nel suo negozio di alimentari, il film passa dalla registrazione dell’impunita corruzione dei poliziotti alla silenziosa fatica dei figli della donna per raccogliere il «riscatto» che serve a non farla andare in prigione. E il film restituisce con studiata piattezza la rassegnazione di chi deve cercare ogni giorno di barcamenarsi tra povertà, soprusi e violenza.