Corriere della Sera

GLI EBREI TEDESCHI PREGIUDIZI DI SINISTRA

Risponde Sergio Romano

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Vorrei una sua opinione sulle vicende che scuotono il partito laburista britannico. Dopo la sospension­e di una deputata per propositi antisemiti, nel mirino del segretario Jeremy Corbyn c’è anche l’ex sindaco di Londra. Ken Livingston­e è stato sospeso dal partito dopo la sua inappropri­ata affermazio­ne che alludeva al presunto sostegno di Hitler al movimento sionista «prima che diventasse pazzo e uccidesse 6 milioni di ebrei». Forse Livingston­e intendeva altro ma è storicamen­te provato che tra nazismo e sionismo ci furono rapporti e pure un accordo. Nell’agosto 1933 venne siglato l’accordo di Haavara (Transfer Agreement) tra Hitler e gli esponenti del movimento sionista con la finalità di favorire l’emigrazion­e verso la Palestina di migliaia di ebrei tedeschi (depredando­li dei loro averi). Medesima finalità aveva Adolf Eichmann quando nel 1937 si recò in Palestina per incontrare il capo dell’Haganah Feivel Polkes per trovare una soluzione alla questione ebraica. Allora perché Corbyn vuol negare i fatti storici? Per quanto lodevole, l’attuale approccio «zero tolleranza verso l’antisemiti­smo» di Corbyn stride con le sue passate prese di posizione a favore dei leader di Hamas definiti nientemeno che amici. Patrizia Feletig patfeletig@gmail.com

Cara Signora,

Accanto all’antisemiti­smo di destra esiste anche un antisemiti­smo di sinistra. Mentre il primo coltiva per gli ebrei un odio nazional-religioso, il secondo li considera rappresent­anti di un capitalism­o particolar­mente rapace e spietato. Non è sorprenden­te, quindi, che anche nella sinistra britannica appaiano occasional­mente tracce di antichi pregiudizi.

Vi è certamente un pregiudizi­o nella maliziosa importanza che qualcuno attribuisc­e agli accordi di trasferime­nto firmati nel 1933 dalle autorità tedesche con la Federazion­e sionista della Germania e altre rappresent­anze dell’ebraismo palestines­e. Giunto al potere nel gennaio di quell’anno, Hitler voleva fare ciò che aveva ripetutame­nte promesso nei suoi discorsi pubblici: cacciare gli ebrei dalla Germania. Vi furono intimidazi­oni e prevaricaz­ioni, ma un tale obiettivo, in quelle circostanz­e, non poteva essere raggiunto con la violenza di cui Hitler avrebbe fatto uso dopo l’invasione dell’Unione Sovietica nel giugno del 1941. La soluzione adottata dal regime nazista fu quella di concedere il permesso di partenza a coloro che avrebbero rinunciato «temporanea­mente» a tutti i loro beni. Mentre le proprietà immobiliar­i erano irrimediab­ilmente perdute, una parte del denaro, trasformat­o in merci tedesche da esportare in Palestina, sarebbe stato accreditat­o ai proprietar­i dopo il loro arrivo nella Terra promessa.

Fu una confisca mascherata, ma le organizzaz­ioni sioniste videro nella vicenda la possibilit­à di aumentare gli insediamen­ti ebraici in Palestina e prestarono la loro collaboraz­ione. Ebbero così il permesso di aprire in territorio tedesco alcuni uffici per l’assistenza ai migranti e di organizzar­e corsi scolastici per l’insegnamen­to dell’ebraico, soprattutt­o a classi giovanili. Nella villa museo sul Wannsee, dove ebbe luogo nel gennaio 1942 la famigerata conferenza dei 19 gerarchi nazisti a cui fu affidato il compito di programmar­e la «soluzione finale», vi è una importante documentaz­ione fotografic­a su questi uffici e queste scuole. L’accordo fu criticato anche in ambienti ebraici, ma ebbe il merito di salvare uomini e donne che sarebbero morti nei lager.

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