Il tesoro di Greg
Paltrinieri stravince i 1.500 frantumando il record europeo «Volevo dominare ma volevo soprattutto divertirmi»
LONDRA Greg si tuffa e appare la bellezza. Il suo nuoto leggero, il galleggiamento asimmetrico, la bracciata feroce, il misterioso rollio delle gambe che non alzano mai la schiuma, il cronometro nella testa: se esiste un umano nato per vivere in acqua, eccolo qui. Per 50 metri concede l’onore del primo posto al fratello di fatiche Detti — che finirà d’argento 14” più indietro — poi vira e saluta. Che è in giornata si capisce subito. Ai 600 metri è sotto il suo record europeo, ai 1.200 è sotto quello mondiale di Sun Yang: negli schermi prima vedi Greg, poi la sottile linea rossa che indica il limite da battere, 14’31”02. Va così fino ai 1.400, poi la linea rossa lo risorpassa e vince lei. Se ne riparlerà un’altra volta. Greg chiude comunque con uno spaventoso 14’34”04, record europeo frantumato di 5 secondi e mezzo, secondo crono di sempre, meglio pure del mitico Grant Hackett al quale aveva già tolto il primato mondiale in vasca corta quest’inverno.
Voi come chiamereste tutto ciò? Gregorio Paltrinieri lo chiama così, sintetico ed efficace: «Un garone». Non se lo aspettava. Fino a pochi giorni fa si era sciroppato i soliti 8/9 km al giorno; era pesante; non aveva fatto neanche la barba né si era depilato, e si sa che questa per un nuotatore è la discriminante tra la gara preparata e quella no. «Consideravo l’Europeo come una tappa di passaggio». Ma il talento del pesce veloce di Carpi è troppo grande per essere compresso nella logica ed è esploso come una primavera: «Volevo dominare, ma volevo soprattutto divertirmi: io in queste gare trovo le motivazioni, l’ambiente mi fa cambiare ritmo». Gregorio pensa ai recenti campionati italiani di Riccione: tutti, sapendolo in gran forma, pronosticavano un tempone e lui, forse suggestionato da tanta aspettativa, aveva chiuso in 14’40”, deluso e furente. «Avevo avuto voglia di strafare, mi sentivo superpotente e mi sono bruciato». Da ragazzo intelligente e da atleta ben consigliato, ha assorbito la lezione e in un mese ha ritrovato la rotta di navigazione: «Nuotare bene vuol dire nuotare spensierato senza preoccuparmi di quello che mi diranno dopo, senza volere dimostrare nulla. Per vincere serve la cattiveria “buona”, e godersela».
Adesso naturalmente, nell’entusiasmo e nella meraviglia generati da un predestinato che, fra le varie imprese, è riuscito pure in quella di trasformare i 1.500 da lungometraggio d’essai a fenomeno pop, la parola che ricorre è una sola: Rio. Che cosa potrà accadere dunque laggiù, quando ci andrà preparato e con guance e gambe lisce? Il suo tecnico Stefano Morini, per il quale «Gregorio non ha mai nuotato così bene», sostiene che questo tempo all’Olimpiade varrà l’oro. Paltrinieri sorride e ragiona: «Da quattro anni lavoro per i Giochi. Là il tempo non conterà, e poi per il record bisogna migliorare l’approccio generale perché Sun fa gli ultimi 100 tre secondi più veloce di me, dunque dovrei arrivare ai 1.400 con 4-5 secondi di vantaggio... Insomma, a Rio andrò solo per mettere la mano davanti a tutti, dovessi anche fare 14’40...».
La fiducia comunque è grande, glielo si legge in faccia, e questa serata londinese non fa che aumentarla: «In allenamento faccio tempi mai fatti, avere provato qui la batteria forte per sentire già le sensazioni da gara è stato fondamentale: una condizione simile non l’avevo neanche a Kazan». Quelli furono i Mondiali del titolo e della famosa fuga di Sun Yang. E se questa impresa spingesse il cinese a scappare anche a Rio? «Magari noi non lo sappiamo e si sta allenando benissimo... » . Ma magari questo non basterebbe comunque. Greg ormai è in orbita, imprendibile: verso quale pianeta lo sa solo lui.