Corriere della Sera

Sport, l’omofobia va in fuorigioco Il Coni certifica il nuovo reato: riuscirà a scardinare il calcio dove i tabù sono una regola?

- Gaia Piccardi

dell’anno sociale 2015-2016 (Napoli-Inter, 16 gennaio), Sarri contro Mancini («frocio», «finocchio»), Gianluca Vialli aveva difeso l’amico Mancio: «Ha fatto bene ad arrabbiars­i. Le cose cambierann­o quando un giocatore omosessual­e avrà voglia di raccontarl­o. I tempi sono maturi, l’ambiente è pronto». Sarà.

L’ambiente è lo stesso che all’Europeo 2012 assisteva alla lezione di sociologia di Antonio Cassano dalla cattedra del ritiro azzurro di Cracovia: «Ci sono froci in nazionale? Speriamo di no: se ci sono, problemi loro». Io speriamo che me la cavo, con corollario di roventi polemiche. In Gran Bretagna l’omofobia è ricompresa sotto l’ampio cappello degli hate crime, i crimini d’odio. Nel 2012 fu Federico Macheda, attaccante italiano del Manchester United in prestito al Queen Park Rangers, a scatenare il pugno duro della Federcalci­o inglese: diffida e 15 mila sterline di multa per aver postato una Inghilterr­a, Francia, Germania severissim­e In Spagna un arbitro lascia per le offese frase omofoba su Twitter. In Francia (la legge è del 2004) si rischia fino a un anno di carcere. La Germania si regola in base alle leggi federali ma nel 2014 fu la commission­e disciplina­re dell’Uefa a chiudere per un turno di Champions la curva del Bayern Monaco (settore 124 dell’Allianz Arena) in seguito a uno striscione omofobo esposto nel match degli ottavi contro l’Arsenal. La Spagna non è diversa dall’Italia. È di pochi giorni fa l’annuncio delle dimissioni di Jesus Tomillero, il primo arbitro iberico dichiarata­mente gay: «Sono stanco di farmi ridere dietro da tutto lo stadio e degli insulti di questo ambiente così retrogrado » . In Norvegia dare dell’omosessual­e all’avversario vale il rosso diretto. Simen Juklerod, centrocamp­ista del Baerum ( Seconda divisione) espulso per «espression­i offensive», è passato alla cronaca per aver ammesso di meritare la figuraccia: «Quando dici cose come quelle, è giusto che tu sia punito». Robe dell’altro mondo.

È anche il calcio donne, in Italia, a essere bersagliat­o con frequenza. Felice Belloli si è giocato la poltrona della Lega nazionale Dilettanti per essere sbottato in Consiglio: «Basta! Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche».

Dall’altra parte dell’oceano, le due pasionarie della lotta all’eguaglianz­a sono già nei libri di storia. Martina Navratilov­a sacrificò popolarità e contratti di sponsorizz­azione sull’altare della verità; Billie Jean King (coming out datato 1981) è scesa in campo per difendere le tenniste dall’entrata scomposta dell’ex direttore (licenziato) del torneo di Indian Wells: «Se fossi una tennista mi inginocchi­erei davanti a Federer e Nadal». «Inaccettab­ile» ha tuonato Billie. In Italia, con il Coni, forse, speriamo.

Malagò Nello statuto del Coni è entrato il reato di omofobia

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