Corriere della Sera

Per l’industria il peggior dato sul fatturato da tre anni

- di Lorenzo Salvia

Amarzo il fatturato dell’industria ha fatto segnare il peggior calo dall’agosto 2013, con una contrazion­e del 3,6% rispetto a un anno prima. Pesa il settore dell’auto che scende del 6,5%, e interrompe­ndo così un lungo periodo di crescita. Il dato positivo riguarda le esportazio­ni verso i Paesi extra Ue. Per il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, «non ci sono particolar­i preoccupaz­ioni».

Ordini in calo. Fatturato idem. Il rapporto diffuso ieri dall’Istat non fa ben sperare per il futuro. Ma per Marco Bonometti, presidente degli industrial­i bresciani, più che mai quando si parla di ripresina vale la regola della media del pollo di Trilussa. C’è chi si mangia quasi tutta la portata. E chi deve accontenta­rsi delle briciole.

Con la sua azienda lei opera nell’automotive. Per l’Istat anche questo settore, che ha sorretto il recupero dell’industria dopo la crisi, ora mostra qualche cedimento.

«Il discorso è male impostato. Qui è questione di settori solo fino a un certo punto».

Impostiamo­lo nel modo giusto allora.

«La grande crisi ha diviso il grano dal loglio. Ci sono le imprese che hanno continuato a investire che adesso tengono il punto e si difendono bene. Chi invece ha tirato a campare è in difficoltà» .

Italia a due velocità?

«Ecco, questa è la chiave giusta. Due velocità. Sempre più diverse tra loro. Chi tiene il passo con i mercati internazio­nali. E chi vive di espedienti».

Pensa all’illegalità, ai furbetti del Jobs Act?

«Anche a quello. Concorrenz­a sleale. Che porta poco lontano».

La sua impresa ha un fatturato che supera i 700 milioni con 3.500 dipendenti. Nove stabilimen­ti in italia e sette all’estero. Ma l’Italia è fatta di piccole imprese. Per loro è ancora più difficile far fronte alla gelata degli ordini.

«Per i piccoli la chiave per tenere il passo è entrare a far parte di una filiera. È chiaro che serve un’azienda che faccia da guida. Ma in questo modo si cresce insieme. Chi fa da traino mette a segno risultati anche grazie alla capacità di fare sistema con la catena dei fornitori. D’altra parte i piccoli hanno stimoli per crescere e tenere il passo sul fronte della tecnologia e degli investimen­ti».

Chi non si integra in una filiera?

«Con il mondo che si sta preparando, con le sfide di Industry 4.0, rischia grosso. Difficile vincere da soli quando si è piccoli».

Non negherà però che si sono settori oggettivam­ente in difficoltà. Le costruzion­i per esempio.

«Sì, certo. Anche chi ha a che fare con l’energia. In Lombardia, in particolar­e, calzature e i materiali da costruzion­e registrano le maggiori criticità».

E poi ci sono gli shock internazio­nali che mettono in difficoltà il Paese ogni volta che tenta di rialzare la testa. Le imprese temono l’impatto di un’eventuale Brexit?

«Non vale per tutti, ma chi ha diversific­ato il più possibile esportando in Paesi diversi in qualche modo si è fatto un’assicurazi­one

sul rischio derivante da shock internazio­nali. Il Brasile smette di comprare? Per fortuna tengono Usa e Europa».

Non c’è solo l’export. I consumi interni languono. In Germania le imprese del settore metalmecca­nico hanno concesso aumenti ai dipendenti.

«Il paragone con l’Italia non regge».

Da noi il settore fronteggia un difficile rinnovo del contratto.

«E sa cosa le dico? Meglio niente contratto che un accordo fatto su un modello che non tiene più».

Lei ha corso per la poltrona di presidente di Confindust­ria su cui oggi siede Vincenzo Boccia. Quale è il suo augurio?

«Come gli ho detto in assemblea, quello di mettere a punto un vero cambiament­o dell’organizzaz­ione. Con la collaboraz­ione di tutti».

Per i piccoli la chiave per tenere il passo è entrare a far parte di una filiera Meglio niente contratto che un accordo su un modello che non tiene

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Bresciano Marco Bonometti è il presidente degli industrial­i bresciani: è a capo del gruppo Omr, Officine meccaniche rezzatesi

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