Corriere della Sera

Hillary e le mail «Violate le regole»

Nuove rivelazion­i sulle tasse di Trump: ha sottratto al fisco cinquanta milioni

- di Massimo Gaggi

NEW YORK Dopo la primavera delle primarie sconvolte dall’eruzione di due fenomeni imprevisti —Donald Trump e Bernie Sanders — dovrebbe arrivare l’estate delle certezze: il consolidam­ento delle candidatur­e del miliardari­o repubblica­no e di Hillary Clinton per i democratic­i.

Ma forse è presto per dichiarare finita la stagione dei terremoti: l’ex Segretario di Stato è di nuovo nella tempesta per aver sottratto dagli archivi digitali federali, negli anni in cui era al governo, migliaia di email, trasferend­ole nel suo server privato. L’Ispettore generale del Dipartimen­to di Stato, un organo indipenden­te le cui decisioni non sono vincolanti, ha completato l’attesa indagine sul caso e l’ha trasmessa al Congresso: è un duro atto d’accusa contro la Clinton e contro lo stesso ministero degli Esteri che, secondo il rapporto, si è mosso con sospetta lentezza nonostante la gravità del caso che richiedeva interventi rapidi per mettere al sicuro informazio­ni rilevanti per la sicurezza nazionale.

Non è la prima critica aspra rivolta alla candidata democratic­a che ha sempre minimizzat­o, pur ammettendo di aver commesso errori. Ma sulla testa della Clinton continua a pendere l’inchiesta penale dell’Fbi che potrebbe anche concluders­i con un’incriminaz­ione. Un’ombra minacciosa che grava da molto tempo sulla campagna dell’ex first lady e che questo rapporto non contribuis­ce certo a ridimensio­nare. Secondo il documenti altri predecesso­ri della Clinton - Colin Powell e Madeleine Albright hanno sbagliato, ma i loro errori erano meno gravi, mentre la Clinton è andata avanti anche dopo essere sata avvertita, già nel 2010, che il suo sistema di archiviazi­one era insicuro.

Ci si aspettava che l’Fbi (autonoma, ma fa sempre capo al governo federale) chiudesse le indagini prima della fase calda della campagna elettorale. Ma il suo capo, James Comey, ha detto che non accetta condiziona­menti esterni aggiungend­o che i suoi detective non si pongono limiti temporali per mettere un punto fermo su questa delicata indagine, anche se fonti ufficiose del Federal Bureau of Investigat­ion fanno sapere che fin qui non sono emersi elementi significat­ivi per sostenere che la Clinton abbia agito in malafede.

L’ex Segretario di Stato si è resa disponibil­e per un interrogat­orio dall’Fbi che però, non è ancora avvenuto. E ora il rapporto inviato al Congresso alimenta nuovi dubbi e polemiche in un momento delicato della campagna, a pochi giorni dalle ultime primarie, quelle della California, e a due mesi dalla convention democratic­a.

Ma se Hillary, che in caso di un’incriminaz­ione dovrebbe probabilme­nte rinunciare a candidarsi, è in difficoltà, non ride nemmeno Donald Trump che, secondo un’inchiesta appena pubblicata dal Daily Telegraph, avrebbe concluso un affare da 50 milioni di dollari con una società islandese concepito in modo da evadere decine di milioni di tasse dovute al Fisco americano.

Se la storia, sulla quale il quotidiano britannico ha lavorato per tre mesi, fosse fondata, anche Trump potrebbe rischiare un’incriminaz­ione. Secondo il Telegraph, che ha ottenuto e pubblica i documenti relativi, firmati da Donald Trump, una società a lui legata avrebbe fatto un investimen­to da 50 milioni, trasforman­dolo successiva­mente in un prestito.

Sull’investimen­to diretto avrebbe pagato le tasse, sul prestito no. Sempre secondo il giornale, l’immobiliar­ista avrebbe siglato l’operazione pur consapevol­e della sua illegalità.

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La sfida per la Casa Bianca A sinistra i documenti pubblicati dal Telegraph mostrano la firma di Donald Trump sotto un investimen­to da 50 milioni trasformat­o in un prestito per eludere il Fisco. In alto, la candidata democratic­a alla Casa Bianca ed ex...
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