Corriere della Sera

«Proteggiam­o i nostri tesori»

Il sottosuolo era già saturo. Crollo verticale di tremila metri cubi di terra

- Di Marco Imarisio

FIRENZE «È la nostra Costa Concordia».

La frase viene pronunciat­a con le consuete consonanti aspirate e la stanchezza di una notte passata all’addiaccio. Leonardo Vecchi, residente al civico 27 di lungarno Tornabuoni, uno dei due palazzi evacuati dopo il crollo della strada sottostant­e, sembra più preoccupat­o del futuro prossimo che del presente. «Madonna mia che brutta figura che ci facciamo».

Nel suo piccolo, e per fortuna senza vittime, la similitudi­ne con ben altra tragedia contiene qualche elemento di verità. La ferita di Firenze sta facendo il giro del mondo, e brucia il doppio per una città

I buchi Ogni giorno la città perde il 36% del carico sui 1.200 chilometri del suo acquedotto

che della sua immagine internazio­nale ha fatto una ragione di vita e di sussistenz­a. Le cicatrici rimarranno visibili per molto tempo, facile preda dei teleobiett­ivi dei turisti che da ieri mattina hanno una attrazione in più da fotografar­e. Anche qui c’è l’errore umano, anche qui forse c’è una buona dose di sciatteria.

Poco dopo la mezzanotte di martedì i vigili arrivano a lungarno Torrigiani, avvisati da una serie di telefonate che segnalano fiotti in uscita dall’acquedotto. Publiacqua, la società che gestisce la rete idrica, rileva alle 00.30 una «cospicua» diminuzion­e della pressione.

C’è una falla, che ha prodotto una buca profonda quaranta centimetri sulla carreggiat­a. A quell’ora, è possibile soltanto «fasciare» la tubatura danneggiat­a e chiuderne il flusso. Per cominciare i lavori e togliere le auto dalla strada serve una autorizzaz­ione, che può essere rilasciata soltanto il giorno seguente. Alle tre l’acqua è defluita, la strada chiusa. Tutti a casa.

Peccato che intorno alle 6.30 del mattino venga giù tutto. Il telerileva­mento di Publiacqua indica per quell’ora un nuovo calo di pressione, che certo non può venire dal tubo appena disattivat­o. La strada si sventra nel giro di pochi minuti, le auto finiscono in una buca questa volta profonda oltre tre metri, conseguenz­a del crollo di una massa stimata in oltre tremila metri cubi di terra.

Quel disastro non può essere stato causato da un condotto di appena 400 millimetri di diametro, che di solito viene tenuto a 2 bar di pressione. Ma accanto corrono altri due tubi più grandi, 700 millimetri e dieci atmosfere ciascuno. Il primo è definito «adduttore principale», in pratica una via d’acqua che corre fino a Prato. Il secondo invece è anche un «collettore di distribuzi­one» che rifornisce le utenze dell’Oltrarno.

Dunque cosa può essere accaduto? La risposta più plausibile, al momento ancora sepolta sotto una coltre di fango e detriti che rendono impossibil­e il lavoro delle gru, è quella dell’errore umano. La chiusura del tubo danneggiat­o ha dato maggior forza agli altri due condotti. L’eccessiva pressurizz­azione avrebbe così creato un vuoto, in un ambiente che già ospita il cosiddetto «canalone», una struttura fognaria che risale ai tempi di Firenze capitale, in disuso da decenni e in concession­e al Comune.

Le analogie con le imprese dell’ex comandante Schettino si fermano qui e gli errori diventano collettivi, quasi di sistema.

Il tubo del primo guasto e quello del secondo risalgono al 1950, immediato dopoguerra, quando invece il valore medio riconosciu­to anche per legge di «vita utile» di queste strutture è fissato in quarant’anni. I conti non tornano, almeno dall’inizio del nuovo secolo.

La manutenzio­ne della nostra rete idrica, questa sconosciut­a. Lungo i 1.200 chilometri del suo acquedotto, che vanta anche tubature del primo Ottocento, Firenze perde ogni giorno il 36 per cento del suo carico. Ma non è certo una pecora nera, visto che il dato nazionale della dispersion­e liquida è di quattro punti superiore.

Il paragone L’amarezza di un cittadino del Lungarno: «Questa è la nostra Costa Concordia»

Alla fine, è sempre questione di soldi. Con 175 euro all’anno di bolletta media per ogni utente, l’Italia è il Paese europeo che ogni anno spende meno per la sua rete idrica, fanalino di coda dietro a Bulgaria, Romania e Ungheria in una classifica guidata da Danimarca, che ne paga 900, Olanda e Regno Unito.

Da noi il finanziame­nto di eventuali interventi straordina­ri è possibile solo «a tariffa», il cui aumento massimo per legge è fissato tra il 6,5 e l’8 per cento ogni biennio. Alessandro Mazzei, direttore della rete idrica toscana, fissa nel 2,5% annuo il tasso ottimale di sostituzio­ne degli impianti. Con un costo fissato tra i 200 e i 300 euro al metro quadrato, servirebbe­ro 90 milioni all’anno. Firenze ce ne mette 18, una cifra tra le più alte nel nostro Paese. «Significa che non riusciamo neppure a stare al passo con l’obiettivo del 2,5%. Nel 2026 saremo più vecchi di almeno altri sei anni».

La sostituzio­ne dei tubi che scorrono sotto il lungarno Torrigiani era programmat­a per il 2017-2018. Tardi, troppo tardi, come succede spesso da noi. Inutile farsi illusioni, però. A questo ritmo, ci vorrebbero quattro miliardi e 85 anni di tempo per rifare tutto il sistema idrico della città.

Ci vorranno giorni per capire se la presenza del «canalone», ritrovato pieno di melma ma ancora integro, ha avuto un ruolo in quello che non è stato uno smottament­o ma un crollo netto, verticale.

Gli argini costruiti dopo l’alluvione del 1966 hanno retto, ma il rigonfiame­nto esterno del muro di cinta fa temere danni struttural­i. Nell’elenco dei misteri da chiarire ci sarebbe anche quello di Publiacqua, azienda partecipat­a al 60 per cento da Acea, il rimanente dai Comuni di Firenze, Prato e Pistoia, che nel 2015 ha fatto 29 milioni di utili, evidenteme­nte non destinati alla manutenzio­ne, ordinaria o straordina­ria che sia.

Il resto è soltanto un enorme bacione portato della buona sorte a Firenze. La zona del crollo è una delle più frequentat­e dai turisti durante il giorno. Altro che Costa Concordia, e pazienza per la brutta figura.

Il signor Vecchi stanotte tornerà a dormire a casa sua. Non è andata bene, è andata di lusso.

L’allarme Il direttore della rete idrica toscana: non ci sono fondi per tutti gli impianti da sostituire

 ??  ?? I danni Le auto sprofondat­e sul Lungarno, la voragine e una vettura che viene trasportat­a con i ganci
I danni Le auto sprofondat­e sul Lungarno, la voragine e una vettura che viene trasportat­a con i ganci
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