Corriere della Sera

Il Bello senza manutenzio­ne

- Di Paolo Conti

Una stessa, trasversal­e incultura, mina ciò che sorregge l’immagine, spesso retorica, del Bel Paese: il patrimonio culturale, così come il paesaggio e il territorio sul quale poggiano gli abitati. Quell’incultura è l’incapacità di darsi politiche di prevenzion­e e di manutenzio­ne, strumenti che invece costituisc­ono quella solida cultura civile che previene tragedie e rassicura una comunità nazionale. Con la prevenzion­e e la manutenzio­ne si tutelano i tessuti urbani e rurali, i monumenti, le aree archeologi­che, le foreste e i boschi, i corsi d’acqua. Ma quelle due parole, in un’Italia abituata solo alle emergenze, sono sconosciut­e a una classe politica in massima parte incapace di occuparsi del futuro dei propri figli. L’ordine dei geologi, una combattiva pattuglia di quindicimi­la profession­isti guidati dal presidente Francesco Peduto, calcola che delle 700 mila frane censite nell’intera Europa ben 530 mila riguardano l’Italia. Le cause. Un consumo violento del territorio, sempre più eroso e destabiliz­zato da un’edilizia che tralascia la doverosa attenzione verso le caratteris­tiche del terreno e delle falde idriche: in più bisogna aggiungere il peso delle piogge, non più assorbite dalla terra. C’è, parallelam­ente, una colpevole mancanza di mantenimen­to delle reti idrauliche: i geologi ricordano sempre come tra il 30 e il 70% delle società che gestiscono la distribuzi­one dell’acqua registrino danneggiam­enti, e quindi perdite, nelle tubature. Facile prevedere gli effetti: l’infradicia­mento di troppe aree, per non parlare di un costo industrial­e annuo di 200 milioni di euro. Infine manca una adeguata rete di «ascolto» del territorio che andrebbe assicurata giorno dopo giorno, e non solo in seguito ai disastri, alle morti, alle tragedie. Un’inversione di tendenza va registrata con la nascita di #italiasicu­ra, la struttura di missione a Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeolog­ico e per lo sviluppo delle infrastrut­ture idriche. Ma, insistono i geologi, siamo ancora in una logica emergenzia­le, lontani da una vera inversione di cultura. Disgraziat­amente per questo Paese, la mancanza di manutenzio­ne e di prevenzion­e mina tanti beni monumental­i e storici, archeologi­ci, paesaggist­ici. La (il)logica è la stessa che sfigura e sfrutta il territorio. Ed è il lato più indegno di un’Italia che ostenta il Bello a parole ma con i misfatti apre sempre più spazio all’Orrore.

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