Il «baratto parziale», la ricetta di Raggi per affrontare la crisi
Chi è Virginia Raggi, 37 anni, M5S, in corsa al Campidoglio L’ultima, ma solo in ordine cronologico, è la proposta sul «baratto parziale». Un sistema tipo il «Sardex», attivo in Sardegna, oppure il «Tibex, già attivo a Roma e nel Lazio», che introduca una sorta di «monete complementari». È la «ricetta» di Virginia Raggi, l’avvocato a Cinque Stelle che sogna di governare la Capitale, per affrontare la crisi economica che attanaglia non solo Roma. Per carità, non siamo alle famose «scie chimiche» denunciate dagli esponenti di M5S, ma in questa campagna elettorale la grande favorita per il Campidoglio si è distinta anche per alcune idee stravaganti. Come la «funivia» per fluidificare il traffico, oppure i «pannolini lavabili» per combattere il problema dei rifiuti. Ora arriva il «baratto», inteso come scambio di servizi tra imprese o di sconti per i cittadini. Poi c’è il debito del Comune: ma lì servono soldi veri, non «complementari». potrà mai essere un modello esportabile a Roma»; di là c’è Lupi, che ricorda come «l’unico centrodestra di governo è a guida moderata».
Finora le scosse non erano state percepite. Ma avvicinandosi la data del voto, e soprattutto avvicinandosi Parisi a Sala nei sondaggi, il capo del Carroccio ha iniziato un pressing asfissiante sul suo stesso candidato, provocato a più riprese sul referendum costituzionale, invitato alla manifestazione per il No, «perché — dice Salvini — sono certo che Stefano si schiererà con il Sì dopo le elezioni». «Stefano» per il momento non intende fare outing e sfugge alla marcatura con l’abilità di chi conosce la politica per averla frequentata: «Sono allenato ai dribbling...». Si vede.
Se i sospetti del segretario leghista fossero fondati, se gli indizi raccolti (e consistenti) diventassero una prova, un ulteriore terremoto scuoterebbe il centrodestra. Ecco il terzo punto della faglia, che corre lungo la linea marcata dalle Amministrative e dal referendum. Una vittoria a Milano del centrodestra e un successivo appoggio alle riforme, trasformerebbe il mondo che fu berlusconiano. Tanto da dividerlo per sempre. A meno che, a quella scossa, non seguissero altre scosse e la fase di assestamento non finisse per inghiottire le ambizioni di Salvini, portando ad altri equilibri dentro la Lega. Ma gli effetti dirompenti si avrebbero anche se il terremoto avesse uno sviluppo diverso, e il segretario del Carroccio riuscisse a imporsi sugli alleati. Perché sono due placche tettoniche, due diversi modelli destinati a scontrarsi. Perciò tutti si preparano al «Big One».