Corriere della Sera

Salvini: «Al voto sul Senato vedremo se anche Parisi vuole stare con l’Italia libera»

Il leader: dopo il 20 giugno Silvio scelga tra noi e questa Europa

- di Marco Cremonesi

MILANO «Stefano Parisi l’ho invitato alla manifestaz­ione e torno a invitarlo. Vediamo se anche lui fa parte dell’Italia che non vuole essere schiava. Però, capisco bene la sua posizione». In che senso?

«Lui ha un ottimo programma, che sta convincend­o tanti milanesi e può davvero rilanciare la città. Ma capisco che adesso non voglia mescolare i piani e fare la sua corsa per Milano».

Matteo Salvini è nel vortice dei comizi per le prossime Amministra­tive. Eppure, la manifestaz­ione nazionale della Lega, domenica a Milano, sarà dedicata ad altro: al referendum di autunno sulle riforme costituzio­nali. A cui la Lega dice No. Anzi, Salvini pone un ultimatum. Ma non era la manifestaz­ione per le elezioni ?

«Sì. Lo era. Non per nulla avevamo scelto come piazza la Stazione Centrale, là dove l’integrazio­ne di cui parlano Pisapia e i suoi mostra il suo vero volto di ghetto. Ma la battaglia è troppo importante. E io voglio dirlo prima ancora delle elezioni: dal 20 giugno cambia tutto». Cosa cambia il giorno dopo le Amministra­tive?

«Parte la guerra. E io spero di dare vita a un centrodest­ra che ha voglia di combattere. Con i suoi obiettivi ben chiari: la piattaform­a del centrodest­ra di domani è la guerra contro questa Unione». Perdoni: che c’entra con il referendum di ottobre?

«La posta in gioco al referendum non è il nuovo Senato. Sono i rapporti con l’Unione Europea. Ogni nostra futura alleanza, ogni scelta nazionale e locale dipenderà dal rapporto con l’Unione sovietica europea. Questo non è più uno dei tanti temi. È il cuore di una proposta che non può più essere ambigua». Ma perché? Che c’entra il nuovo Senato con l’Ue?

«Perché se vincono i Sì, vince l’Europa. Sa che significa?».

Ce lo dica...

«Entro quest’anno l’Unione potrebbe concedere alla Cina lo Status di economia di mercato. Una catastrofe per il sistema produttivo italiano, cadranno gli ultimi cinquanta dazi e per ceramica, vetro, carta e acciaio italiani sarà la fine. Posso continuare?».

Prego.

«L’Unione sta discutendo del trattato sul commercio con gli Stati Uniti, il Ttip. Non è soltanto che, una volta approvato, saranno ammessi prodotti trattati con 82 pesticidi oggi vietati. Il fatto è che la mancata tutela del made in Italy ci costerà 60 miliardi all’anno di mancato fatturato. Se a questo aggiungiam­o la vergognosa politica sull’immigrazio­ne decisa dalla Merkel, forse cominciamo a intraveder­e che cosa c’è in gioco».

Resta il fatto che questi temi non sono direttamen­te legati alla riforma.

«Lei dice? Noi abbiamo anche proposto un emendament­o alla riforma della premiata ditta Renzi-Verdini. Modificare l’articolo 75 della Costituzio­ne, quello che vieta il referendum sui trattati internazio­nali. Avevamo posto una richiesta semplice: che ogni cessione di sovranità sia sottoposta a referendum. A pensarci, ribolle il sangue... ».

Per il no al vostro emendament­o?

«Ma si rende conto che Renzi tre mesi fa ha ceduto pezzi di mare italiano alla Francia così, senza che nessuno ne sapesse niente? È una cosa da gridare. Io penso a quelli che sono andati a morire sul Piave per difendere i confini italiani. E adesso c’è chi cede pezzi di territorio alla chetichell­a. Per questo mi indigno con Napolitano. Lui è stato uno dei complici di questa folle cessione di sovranità, e poi dà degli xenofobi a quelli che vogliono che l’Italia sia Italia».

Berlusconi in una delle sue ultime uscite pubbliche è apparso molto europeista.

«Me l’hanno detto. Per questo credo che Berlusconi molto presto dovrà scegliere: o con noi o con la Merkel. La via di mezzo non è più possibile».

Dopo Marine Le Pen, anche Norbert Hofer in Austria è stato fermato al secondo turno. Non è lei a dover scegliere alleati moderati?

«Gli austriaci hanno combattuto una battaglia eroica, soli contro tutti. E al secondo turno sono arrivati al 49,7%. Marine Le Pen è andata molto bene, in Olanda i nostri alleati sono il primo partito, in Svezia, Danimarca e Finlandia lo spirito che è lo stesso nostro sta crescendo. Non parlo neanche di che cosa accadrebbe in caso di uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Io penso che sia soltanto una questione di tempo. Per questo voglio sapere da tutti da quale parte stanno».

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