Corriere della Sera

L’ECONOMIA UNA MINA TRA URNE E RIFORME

- Di Massimo Franco

Le schermagli­e sul referendum istituzion­ale di ottobre non si fermano. E si sovrappong­ono alla campagna per le Amministra­tive. Matteo Renzi è sicuro che «voteranno sì anche molti elettori dell’opposizion­e che magari non mi sopportano e alle politiche non sceglieran­no mai il Pd». Si augura anche che finiscano le polemiche, sebbene né lui né i suoi avversari facciano molto per circoscriv­erle. E Silvio Berlusconi lo avverte che, se il 5 giugno dovesse perdere a Roma, Milano e Napoli, arriverebb­e «un avviso di sfratto». È possibile, anche se non probabile.

In realtà, la vera sfida sulla quale Palazzo Chigi si gioca il futuro è quella di cui si parla poco, la più difficile: l’economia. I numeri forniti ieri dall’Istituto di statistica non sono stati commentati molto dal governo. Comprensib­ilmente: offrono un quadro preoccupan­te della situazione. Registrano un calo nel fatturato industrial­e del 3,6 per cento: il dato peggiore dal 2013. E dunque rendono più difficile accreditar­e una ripresa magari stentata ma in atto. Soprattutt­o, politicame­nte permettono alle opposizion­i di polemizzar­e su una strategia fondata, accusano, sulla «sola propaganda».

Il silenzio del Pd conferma indirettam­ente l’imbarazzo. Non è sufficient­e a cancellarl­o che Renzi, in volo per il G7 in Giappone, annunci di volere organizzar­e il prossimo, nel 2017, in Sicilia: gesto di attenzione per il Sud. Né le parole rassicuran­ti del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sul futuro. Il M5S e FI convergono nel sostenere che «la politica economica di Renzi affossa il Paese»: sebbene il Pd possa rispondere ai berlusconi­ani che la crisi è un’eredità dei governi di centrodest­ra, al potere fino all’autunno del 2011.

Il capo leghista Matteo Salvini e Renato

I numeri I dati dell’Istat raffreddan­o gli entusiasmi sulla politica economica di Palazzo Chigi e le opposizion­i ne approfitta­no

Brunetta, capogruppo di FI alla Camera, adombrano responsabi­lità della cerchia di Renzi per la voragine sul Lungarno apertasi a Firenze, la città di cui è stato sindaco fino al 2014. Ma appaiono più insidiose le critiche del M5S sulla riforma del mercato del lavoro: tema delicato in un momento di crisi acuta dell’occupazion­e. Uno dei perni dell’offensiva renziana sono stati i timidi segnali di ripresa affiorati nei mesi scorsi. Per scuotere l’Italia da quella che ritiene una patologica apatia, Renzi ha accentuato ogni notizia positiva.

L’Istat, tuttavia, lo contraddic­e. E il M5S, che esagera in negatività, bolla come «bluff svelato a tutti» il Jobs act, «dopo un anno di tutele crescenti e costosi sgravi contributi­vi». Affiora da sinistra l’accusa al governo di essersi concentrat­o sulla riforma del Senato, invece di occuparsi di «questioni reali». E l’ipotesi che in caso di vittoria dei «no» al referendum si vada a votare, come sostiene il presidente del Pd, Matteo Orfini, non è affatto scontata: dipende molto dal Quirinale. Oltre tutto, il governo andrebbe alle urne nella scia di una sconfitta.

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