Corriere della Sera

«Trafficano cibo», caschi blu italiani accusati

La missione in Libano al centro di un’inchiesta di «El País». La replica: «Non ci sono prove»

- Ilaria Sacchetton­i

La più storica fra le missioni di pace delle Nazioni Unite rischia di travolgere la reputazion­e dei caschi blu italiani. Secondo un’inchiesta del quotidiano spagnolo El País il nostro contingent­e e quello del Ghana sarebbero al centro di un traffico di cibo. Prodotti inviati alle truppe e rivenduti in loco.

La procura militare ha già avviato un’inchiesta per individuar­e le responsabi­lità nella vicenda. Ma siamo all’inizio: «Si tratta di acquisire le informazio­ni e capire se sussistono profili di rilevanza penale militare» ha detto il procurator­e di Roma Marco De Paolis.

La fonte del País, indicata negli articoli con le iniziali puntate di R.D., sarebbe un dipendente della italiana Es.Ko. che, dal 2006 al 2015, ha vinto appalti (dagli importi significat­ivi) per l’acquisto e la distribuzi­one di cibo destinato ai soldati. Le scorte acquistate con denaro pubblico sarebbero comparse invece negli scaffali di supermerca­ti libanesi, in vendita come delicatess­en italiane.

Una truffa che, secondo le prime stime (giornalist­iche), si aggirerebb­e attorno ai quattro milioni di euro. Gli approfondi­menti sono in corso. Nel frattempo, ieri, è arrivata una nota del ministero della Difesa che invita a non affrettare conclusion­i: «Unifil ha preso da tempo tutte le misure adeguate in coordinazi­one con la sede La visita alla base Dieci giorni fa il presidente Mattarella ha definito i militari «un esempio» centrale delle Nazioni Unite con lo scopo d’investigar­e questo tipo di accuse ma, al momento, non vi sono prove che possano confermare una sistematic­a operazione legata al traffico d’alimenti né il coinvolgim­ento di italiani nel traffico» ha fatto sapere il portavoce del contingent­e italiano Andrea Tenenti.

La nota definisce anzi i soldati italiani «estranei» alla vicenda: rassicuraz­ioni in tal senso sarebbero venute dal «comando delle Nazioni Unite in Libano».

Dichiarazi­oni di massima che peraltro confermano le verifiche in corso: «Nel caso venissero accertate responsabi­lità che, è bene precisare, sono sempre individual­i — ha dichiarato Tenenti — saranno presi provvedime­nti adeguati». Per salvaguard­are, oltre alle singole reputazion­i, anche la missione, Tenenti ricorda che «l’iniziativa gode sia della fiducia della popolazion­e che delle autorità libanesi» . Le dichiarazi­oni del dipendente di Es.Ko sono molto precise però. Non solo R.D. avrebbe finto di voler partecipar­e all’affare per acquisire tutte le informazio­ni sulla truffa in corso, ma avrebbe anche individuat­o e fotografat­o i prodotti sugli scaffali dei supermerca­ti in cui erano stati messi in vendita.

Sono trascorsi appena dieci giorni dalla visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che il 15 maggio scorso, dalla base di Shama, aveva definito il contingent­e italiano in missione « esempio per tutta l’Europa». Se le accuse fossero confermate sarebbe più difficile, adesso, passare inosservat­i.

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