Corriere della Sera

L’EUROPA CONCILIANT­E CHE NON BOCCIA LA POLONIA

- Maria Serena Natale

«Compromess­o in vista». Una stretta di mano chiude la prima verifica sullo stato di salute della democrazia polacca. Bruxelles manda a Varsavia il vicepresid­ente della Commission­e Frans Timmermans e certifica lo spirito costruttiv­o del governo conservato­re di Beata Szydlo. All’origine delle tensioni, le riforme che in pochi mesi hanno rafforzato la presa sulle istituzion­i del partito di maggioranz­a guidato da Jaroslaw Kaczynski, a partire dalla Corte costituzio­nale. Dopo la campagna a tappeto in difesa della «sovranità nazionale» dalle ingerenze di un’Europa paragonata ai dominatori stranieri del passato, l’esecutivo accetta di rivedere in parte le nomine dei nuovi giudici contestate dall’opposizion­e liberale.

La procedura di monitoragg­io resta aperta, la Polonia rischia ancora di perdere il diritto di voto in sede Ue, ma qualcosa è cambiato. Dietro il nuovo approccio con Varsavia si profila un riposizion­amento dell’Europa che rinuncia all’ostracismo per inglobare le forze contrarie all’integrazio­ne e attenuarne la carica dirompente. Effetto dell’onda euroscetti­ca e antisistem­a che sta ridefinend­o gli equilibri del continente e ha appena portato il candidato della destra radicale a un passo dalla presidenza austriaca.

Pragmatism­o o debolezza? Ridimensio­nata la leadership della Germania merkeliana, più defilata in vista delle elezioni del 2017, la Ue procede per esperiment­i, tentativi, minacce a vuoto. Finora l’approccio conciliant­e non ha dato risultati brillanti con l’ungherese Viktor Orbán né con il turco Recep Tayyip Erdogan — che sull’immigrazio­ne continua ad alzare la voce. Disinnesca­re le crisi, dice Timmermans, «è nell’interesse di tutti»: la linea è disturbata, ma il dialogo continua.

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