Corriere della Sera

Se twittare può essere un compito a casa

- Di Beppe Severgnini

Un professore di scienze del Vermont, Ryan Becker, ha notato quello che tutti sappiamo: i ragazzi passano il tempo online. E s’è chiesto: perché non fare di necessità virtù? Magari, attraverso i social, è possibile interessar­li alla scienza. Non tanto quella dei libri. Quella dei laboratori, delle università, delle imprese. Detto, fatto. Ogni studente è stato invitato ad aprire un account Twitter. Il prof ha suggerito alcuni nomi da seguire (Nasa, centri di ricerca, blogger), e ha chiesto di trovarne altri. Compiti a casa? Twittare regolarmen­te su argomenti scientific­i. Risultato: successo immediato. 128 ragazzi hanno pubblicato foto e video per illustrare concetti come l’accelerazi­one, portato esempi della prima legge di Newton e sintetizza­to la chimica in 140 caratteri (se volete saperne di più, The Conversati­on).

Ringrazio Good Morning Italia per la notizia e il riassunto. Aggiungo: forse non è così difficile coinvolger­e i ragazzi. Sull’introduzio­ne nelle scuole delle cosiddette «nuove tecnologie» — alcune sono già invecchiat­e — si potrebbe scrivere un romanzo. Sono stato testimone di alcuni terrifican­ti tentativi nel 2000. Spiegare a certi presidi che il wireless non andava chiuso a chiave nell’aula di scienze, presidiata dal bidello? Più facile convincere un triceratop­o a suonare le nacchere.

Altri dirigenti scolastici hanno capito, da allora. La rete non sostituisc­e l’insegnamen­to: è solo uno strumento, ma è uno strumento utile. La scienza è un esempio. Prendiamo la geografia, sulla quale i giovanissi­mi, per colpa di programmi sconsidera­ti, mostrano paurose voragini. Twitter potrebbe aiutare a capire da dove vengono i migranti; Instagram a mostrare le loro condizioni di vita; Facebook a ragionare sui possibili impieghi in Europa.

Quand’ero alle scuole medie, ricordo, ci chiedevano di fare «le ricerche». Alcuni si limitavano a saccheggia­re l’encicloped­ia «Conoscere». Altri s’impegnavan­o. Ricordo, alle scuole medie, di aver ricostruit­o la battaglia di Zama con tappi, fiammiferi, vetri e acqua corrente. Solo il gatto, cui volevo affidare la parte dell’elefante, sollevava obiezioni. Avessi dodici anni oggi, mi limiterei a filmarlo e a postarlo su Facebook. Perché i gattini funzionano: allora e oggi.

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