Addio a Capovilla, lo storico segretario di papa Giovanni
Capovilla si è spento ieri a Bergamo Quella telefonata di Bergoglio: «Preghi perché io diventi migliore»
CITTÀ DEL VATICANO Il cardinale Loris Francesco Capovilla è morto ieri a Bergamo all’età di cent’anni, sessantasei dei quali vissuti all’ombra e in memoria di Papa Giovanni XXIII, del quale fu segretario prima a Venezia e poi in Vaticano. Cardinale era stato fatto solo due anni addietro da Francesco e quella è stata la seconda luce papale che ha dato lustro alla sua lunga e combattuta vicenda ecclesiastica: custode della memoria di un Papa innovatore, onorato in extremis da un altro Papa innovatore.
Nel testamento di Capovilla, subito diffuso, c’è il segno dei combattimenti che ha condotto: «Vorrei andarmene in silenzio» scrive e chiede soltanto una messa con «gli amici più intimi e fedeli», alla «mattina presto» e la sepoltura «nella nuda terra » del cimitero di Fontanella «dove — annota — è sepolto David Maria Turoldo, uno dei gradi poeti che la Chiesa cattolica ha avuto». Anche Turoldo era — come lui — un combattente per la «Chiesa dei poveri».
Il 15 scorso Capovilla aveva ricevuto l’ultima telefonata di Papa Francesco. La prima l’aveva avuta nella primavera del 2013, nelle primissime settimane dopo l’elezione, in risposta a una sua lettera: «Preghi Papa Giovanni perché io diventi più buono» gli aveva detto Bergoglio, ringraziandolo delle parole con cui nella lettera gli aveva parlato del «suo» Papa: «Ogni parola che lei ha scritto è preziosa come un’omelia».
In questi anni Capovilla più volte ha dichiarato la sua ammirazione per il Papa argentino: «Come avveniva con Papa Giovanni, quando Francesco incontra le persone non dà l’impressione di chiedersi se siano cattoliche ma per prima cosa vede in loro delle creature di Dio che hanno diritto all’ascolto e al rispetto». Per segnalare la sua adesione ai gesti di Papa Bergoglio, basterà dire che l’ottobre scorso aveva festeggiato i cent’anni con un gruppo di migranti.
La fama di Capovilla è dovuta tutta alla collaborazione con Roncalli. Nativo di Pontelongo in provincia di Padova e prete veneziano dal 1940, conosce Roncalli al suo arrivo a Venezia come Patriarca nel 1953, ne viene scelto come segretario e gli resta a fianco per dieci anni, seguendolo a Roma dopo l’elezione a Papa. Dopo la morte di Giovanni XXIII, Paolo VI lo manda come arcivescovo prima a Chieti (1967) e poi a Loreto (1971). Nel 1988 si ritira a Sotto il Monte e si dedica alla memoria di Papa Giovanni. È stato un fattivo promotore della causa di canonizzazione del suo Papa, che è stato proclamato santo da Francesco il 27 aprile 2014.
Nelle disposizioni sul funerale e sulla tomba trapela la tempra di lottatore per il rinnovamento della Chiesa che ha sempre guidato Capovilla. «Conversazione con Capovilla sempre interessante, anche se qualche volta assume un’asprezza impetuosa» ha lasciato scritto per esempio, in un appunto diaristico, Vittorio Bachelet dopo un incontro che ebbe con lui da presidente dell’Azione Cattolica nel settembre del 1964, quando Capovilla aveva cinquant’anni: «Spera che l’Azione Cattolica non faccia neppure con Paolo VI parate oceaniche, inutili e dannose per le anime dei giovani. Papa Giovanni le aveva proibite».
Da cronista di fatti papali ricordo sue parole vibranti in dissenso con noi giornalisti in occasione della visita di Giovanni Paolo II a Loreto, nel settembre del 1979, quand’egli era vescovo in quel santuario: «Mi avete criticato per il fatto che in Basilica c’era solo il clero, come se io fossi un clericale. Altri mi criticano perché sono troppo innovatore. Ma io non sono né un progressista né un tradizionalista. Amo la tradizione e guardo avanti: le due cose insieme»--.