Corriere della Sera

Assalto al primo fortino dell’Isis

- Di Lorenzo Cremonesi Serafini

Obiettivo Falluja. Le avanguardi­e irachene sono arrivate alla periferia della città ancora in mano ai jihadisti del Califfato. Isis può contare su 1.500 guerriglie­ri. Gli iracheni hanno sul campo trentamila soldati. (Nella foto, alcuni combattent­i si fanno un selfie)

Tre fronti aperti dall’Iraq alla Siria passando per la Libia. Campi di battaglia su cui lo Stato Islamico perde terreno. Il più caldo in queste ore è Falluja, oltre 60 chilometri a ovest dalla capitale Bagdad. «La bandiera irachena sventolerà di nuovo sulla città», aveva promesso una settimana fa il premier Haydar al-Abadi annunciand­o l’operazione Breaking Terrorism. Ieri mattina all’alba le forze speciali irachene e le milizie sciite, con la copertura area della coalizione internazio­nale, hanno sfondato in tre punti. Ma gli uomini di Al Baghdadi — che proprio a Falluja è stato avvistato nel febbraio del 2016 — non hanno mollato la presa. La città sunnita, sotto il controllo dell’Isis dal gennaio 2014, è allo stremo, con oltre 50 mila abitanti intrappola­ti senza cibo e acqua. «Usano i civili come scudi umani», è il timore confermato dal colonnello Steve Warren. A complicare l’avanzata su Fallujah anche altri fattori. Se da un lato Isis risponde alle difficoltà militari con le autobombe (a Bagdad ieri i morti sono stati 24), si temono anche le vendette dei miliziani sciiti sulla popolazion­e sunnita.

E se a Falluja infuria la battaglia, il fronte di Mosul pare più statico. Qui i peshmerga (5 mila secondo le cifre ufficiali) hanno riconquist­ato quattro villaggi a sud est della città. La strada per arrivare al bastione dell’Isis non è facile, tra i campi minati. «Siamo a venticinqu­e chilometri » , ha dichiarato ieri Zervana Dilshad Mowlod, portavoce delle forze curde.

Dall’Iraq alla Siria, dove la via per arrivare a Raqqa, la «capitale» del Califfato, è ancora più lunga. Qui le Syrian democratic forces (Sdf) e le Unità per la Protezione del popolo curdo (Ypg) sembrano puntare su Tabqa, 50 chilometri più a ovest, per tagliare la via dei rifornimen­ti. Ma anche l’avanzata curda nasconde non pochi problemi. «Gli Usa stanno entrando in una fase pericolosa per il futuro della Siria», è stato l’avvertimen­to di Ankara che, per bocca del ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu, ha ribadito di non vedere di buon occhio l’appoggio di Washington al nemico curdo.

Tra l’Iraq e la Siria, Isis soffre anche in Libia. Paradossal­mente lo scenario meno complesso sembra essere Sirte. Forze del governo di unità nazionale hanno sequestrat­o 37 chili d’oro, nascosti in un edificio di Abu Najim, villaggio che i soldati sotto il comando di Tripoli sono riusciti a riconquist­are dall’Isis. «I jihadisti si sono ritirati a 30 chilometri a ovest di Sirte», sono state le dichiarazi­oni delle forze di sicurezza. «Stanno preparando i gommoni per scappare», avrebbe aggiunto il portavoce delle milizie di Misurata Mohammed al Ghasri ad Al Jazeera.

Ma anche su questo campo di battaglia, è la popolazion­e a pagare il prezzo più alto. Dai villaggi a sud di Sirte arrivano appelli disperati. I miliziani hanno obbligato tutti uscire di casa e hanno piazzato cecchini sui tetti delle case. Una strategia che è il marchio di fabbrica di Isis: scudi umani per assicurars­i la fuga.

Raqqa I curdi avanzano coperti dagli Usa. E la Turchia avverte: fase pericolosa per il futuro del Paese Sirte In Libia le forze di sicurezza assicurano «Stanno preparando i gommoni per fuggire»

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