La Biennale di architettura di Venezia riporta in primo piano un tema caro alla modernità Occupiamoci delle periferie, ma anche delle città
Il capo del governo ha dichiarato, dopo la visita all’ultima Biennale veneziana di architettura, di voler lanciare un piano per le periferie delle città italiane.
Chi conosce la storia dell’architettura, e quella del Movimento moderno, sa bene che la questione delle periferie, specialmente nella forma di periferie industriali maturate lungo tutto il XIX secolo, è stata una preoccupazione centrale di molte discussioni e progetti, come testimoniano alcune importanti storie dell’architettura.
Per limitarci al XX secolo il Movimento moderno ha dedicato molti dei suoi convegni del Comité international d’architecture moderne ( Ciam) alle questioni delle periferie: a partire dalla sua fondazione negli anni Venti sino ai primi convegni dopo il secondo conflitto mondiale ed influenzando le politiche di molti Paesi specie europei. Non si può dimenticare, inoltre, che alcune importanti opere dell’architettura del XX secolo hanno affrontato proprio questo tema.
Si possono naturalmente muovere alcune obiezioni strutturali come, ad esempio, la centralità solo del problema delle abitazioni, la loro dotazione di servizi strettamente funzionali alla vita quotidiana, la loro visione dedicata a un unico strato sociale e l’assenza di ogni attività lavorativa importante di spazi pubblici definiti ed attrezzati.
Tuttavia in forme diverse non mancano certo nell’ultimo mezzo secolo i tentativi, anche se non molti, di assegnare proprio alle periferie valori di mescolanza sociale, di multifunzionalità e di presenza di servizi collettivi di interesse globale, di funzioni pubbliche, universitarie, musicali, teatrali, di amministrazione, tali da rendere le periferie autentiche parti di quell’idea di città come polis e civitas maturata almeno nell’ultimo millennio. Anche di fronte al costante aumento della popolazione urbana di tutto il pianeta, praticando ma anche superando quello delle necessità di aggiustamento e miglioramento progressivo dell’attuale stato delle periferie, che sembra finalmente tornare a preoccupare la riflessione oggi sulla città europea e il disegno delle sue parti, ma muovendo però verso la progressiva demolizione della definizione di periferia come parte urbana degradata, verso l’estensione in tutte le sue parti dell’idea di città.
Persino l’ultima Biennale di architettura ha avuto almeno il merito di risuscitare, sia pure in modo indiretto e con qualche ritardo storico la questione, anche agli occhi della nostra politica, forse in risposta alle lotte fra poveri e poverissimi che caratterizzano oggi le periferie del mondo.
Noi speriamo solo che non si dimentichi il lungo cammino percorso da quasi due secoli su questo tema limitandosi agli aggiustamenti anziché cercare di costruire, proprio con le periferie, nuove autentiche parti di città.