Corriere della Sera

«Spaventava i bianchi perché era potente, diretto e ingestibil­e»

- Di Serena Danna

Se c’è un autore afroameric­ano specializz­ato nello smontare tutti gli stereotipi sulla razza, questo è Percival Everett. Nato in Georgia nel 1956, docente di letteratur­a alla University of Southern California di Los Angeles, con i suoi libri (tradotti in Italia da Nutrimenti) ha esplorato spesso il tema dell’identità dei neri d’America svelando le ipocrisie della società e le contraddiz­ioni della narrativa black. Muhammad Ali era un suo idolo di gioventù. Al telefono da Los Angeles lo scrittore risponde alle domande del Corriere.

Da cittadino afroameric­ano che legame ha con la figura di Muhammad Ali?

«Il suo grande valore per me risiede, ancora oggi, nella frase che usò per motivare il suo rifiuto di combattere in Vietnam: “Nessun vietcong mi ha mai chiamato nigger”. Quella frase è un pilastro della mia formazione afroameric­ana. A quei tempi Ali era “soltanto” un boxer, ma aveva scelto di alzare la testa, di scontrarsi con gli Stati Uniti su una questione su cui governo, istituzion­i e una parte dell’opinione pubblica si giocavano la faccia. Allora il vero nemico degli afroameric­ani era la cultura americana. Con un gesto molto

semplice e coraggioso Muhammed Ali era riuscito a sfidarla sul serio». Cosa apprezzava maggiormen­te in lui?

«Il suo essere onesto e diretto. Una volta al termine di un incontro sul ring che l’aveva visto vincente mi disse — senza conoscermi — che non credeva di aver meritato la vittoria. Tuttavia un esempio divertente della sua proverbial­e schiettezz­a riguarda la magia: il boxer adorava fare giochi di prestigio. Se qualcuno gli chiedeva di svelare il trucco, lui confessava subito perché, da islamico, aveva il dovere di dire sempre la verità». Cosa«A battermile ha insegnato?per quello in cui credo in una maniera che ricorda gli insegnamen­ti di mio padre e dei grandi uomini afroameric­ani che ho incontrato durante la giovinezza».

Sopra ogni altra cosa Muhammad Ali era una celebrità. Anche adesso che è morto la sua figura segue il trattament­o riservato alle star: tutti lo osannano esasperand­o le sue qualità. Eppure non bisogna dimenticar­e che i bianchi lo odiavano profondame­nte. Perché?

«Perché era l’incarnazio­ne del black power più autentico e spaventoso: forte, violento, diretto, ingestibil­e. Diceva tutto quello che gli passava per la testa ed era impossibil­e ignorarlo perché era troppo carismatic­o».

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Docente Percival Everett, 60 anni, scrittore e docente alla University of Southern California
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