In un romanzo appena pubblicato in Gran Bretagna, il generale Richard Shirreff immagina una rotta di collisione tra Mosca e l’Alleanza atlantica
scontri e i combattimenti siano scritti e descritti con l’immediatezza, la precisione e il pathos che solo chi li ha vissuti in prima persona possiede (i duelli aerei tra russi e americani valgono il migliore dei film di guerra), sono proprio le pagine sulle riunioni nel quartier generale della Nato a Bruxelles, al numero 10 di Downing Street, al Pentagono, alla Casa Bianca che offrono i più penetranti elementi di interesse, di curiosità, di conoscenza.
Lasciamo al lettore — è difficile pensare che il libro possa sfuggire all’attenzione degli editori italiani — il piacere di scoprire la trama del romanzo. Qui merita di riportarne e sottolinearne la tesi di fondo. L’invasione e la successiva annessione della Crimea, il sostegno della Russia ai separatisti della regione orientale e poi l’invasione dell’Ucraina, l’annuncio nel marzo 2014 dell’intenzione di riunire le popolazioni russofone sotto le bandiere della Madre Russia, fanno della Russia il nostro avversario strategico, in rotta di collisione con l’Occidente.
Di fronte a questa minaccia è essenziale mantenere forze militari — carri armati, aerei, artiglieria, navi, uomini sul terreno — in grado non solo di respingere ma, prima ancora, di scoraggiare un eventuale attacco. È solo il possesso e il mantenimento in piena efficienza di robuste forze convenzionali — il contrario di quanto segnalato con il ritiro dell’ultimo carro
L’opzione del dialogo
La politica ha il compito di rendere meno angosciosa la prospettiva di una sicurezza affidata al solo equilibrio degli arsenali militari