Corriere della Sera

I RISCHI CHE CORRE L’EUROPA

Nel giro di due mesi ci potrebbe essere l’uscita della Gran Bretagna e la vittoria del repubblica­no alla Casa Bianca. O ci si rassegna alla propria definitiva implosione o ci si impegna in una radicale riorganizz­azione

- Di Angelo Panebianco

Ipotizzare il peggio può aiutare ad aguzzare l’ingegno, a ricercare le soluzioni se il peggio si realizzass­e. In questo momento, l’Europa è con il fiato sospeso in attesa del referendum britannico del 23 giugno. Ma le tegole che potrebbero cadere in testa all’Europa nel giro di pochi mesi sono due. Nello scenario più cupo, la Gran Bretagna abbandona l’Unione Europea e pochi mesi dopo Donald Trump viene eletto presidente degli Stati Uniti. Se questi due eventi si realizzass­ero entrambi, l’Europa si troverebbe a fare i conti con un mondo completame­nte diverso rispetto a quello fin qui conosciuto e dovrebbe molto presto scegliere fra rassegnars­i alla propria definitiva implosione o impegnarsi in una radicale riorganizz­azione di se stessa.

Le conseguenz­e di una vittoria dei fautori dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione — tutti gli osservator­i concordano — sono imprevedib­ili. I danni economici per la Gran Bretagna sarebbero, presumibil­mente, ingenti ma lo sarebbero anche per gli altri Paesi europei data la stretta interdipen­denza esistente. I danni politici sono ancora meno calcolabil­i. È vero che l’Unione sarebbe forse tentata di trattare con la massima durezza la Gran Bretagna allo scopo di farle pagare un prezzo economico salatissim­o cercando così di scoraggiar­e il contagio, di rendere il più possibile difficile la vita agli imitatori, a tutti coloro che in giro per l’Unione vorrebbero seguire le orme del Regno Unito.

Èanche vero che la Gran Bretagna non è la Grecia e che colpirla troppo duramente potrebbe rivelarsi un boomerang, provocare danni altrettant­o gravi ai Paesi membri, come hanno giustament­e osservato Alesina e Giavazzi sul Corriere di due giorni fa.

In ogni caso, le conseguenz­e di Brexit sarebbero di vasta portata. Il prestigio e la reputazion­e dell’Unione, già piuttosto bassi di questi tempi, diminuireb­bero ancora nel momento in cui uno Stato membro così importante se ne andasse sbattendo la porta. Lungo tutta la loro storia, le istituzion­i europee avevano potuto contare sul fatto che i vari Paesi facessero la fila per entrare, non per uscire. Inoltre, la Brexit modificher­ebbe i rapporti di forza dentro l’Unione facendo venire meno un contrappes­o, che comunque esisteva, rispetto alla potenza tedesca. Da ultimo (ma questo pare interessar­e solo ai pochi europei che ancora hanno a cuore l’economia liberale), verrebbe meno un elemento di resistenza a quegli eccessi di dirigismo economico sempre troppo apprezzati e praticati sul Continente. In ogni caso, la natura dell’Unione cambierebb­e.

Ma l’attenzione spasmodica per la possibile tegola numero 1, la Brexit, non dovrebbe farci dimenticar­e la possibilit­à che ci arrivi in testa, nel giro di pochi mesi, anche la tegola numero 2. Forse (qualunque europeo dovrebbe augurarsel­o) Hillary Clinton vincerà le elezioni presidenzi­ali americane. E forse no. Data la scarsa simpatia che l’ex segretario di Stato riscuote persino fra gli elettori democratic­i, date le affinità di fondo (il comune sentire economicam­ente protezioni­sta e politicame­nte isolazioni­sta) che esistono fra l’elettorato che ha votato Sanders e quello che vota Trump, una vittoria finale di quest’ultimo non può essere esclusa.

Fuori dagli Stati Uniti, chi più potrebbe rallegrars­i per il trionfo di Trump sarebbe Vladimir Putin. Trump significhe­rebbe il definitivo affossamen­to del trattato di libero scambio fra Europa e Stati Uniti. Ma significhe­rebbe, soprattutt­o, l’apertura di una crisi, la più grave da quando l’organizzaz­ione esiste, della Nato. Gli Stati Uniti di Trump pretendere­bbero, come egli ha già anticipato, un impegno finanziari­o assai più ampio dell’attuale da parte dei Paesi membri dell’organizzaz­ione.

Ma l’America ha sempre accettato fino ad oggi di sopportare gli oneri finanziari maggiori in cambio del riconoscim­ento della sua leadership da parte degli europei. Un diverso atteggiame­nto significhe­rebbe rinunciare alla leadership. E poiché i Paesi europei membri della Nato difficilme­nte potrebbero accedere alle richieste americane, la conseguenz­a sarebbe una crisi del sistema di sicurezza occidental­e.

Si sfreghereb­bero le mani soddisfatt­i tutti coloro che, da sempre, vogliono sbarazzars­i dell’«impero» americano. Ma si aprirebbe anche una voragine: chi potrebbe, e come, sostituire la Nato come garante della sicurezza europea? Nascerebbe finalmente il famoso «esercito europeo» sognato da sempre dai federalist­i spinellian­i? Chi conosce lo stato dell’Europa sa che questa è solo un’illusione. In materia di sicurezza, gli europei, senza gli americani, sono in grado di combinare poco o nulla. È anche la ragione per cui Putin brinderebb­e a champagne in caso di elezione di Trump. La sua influenza politica sull’Europa (come sul Medio Oriente) si accrescere­bbe. I gravissimi problemi economici della Russia non impedirebb­ero alla più grande potenza militare che incombe sui nostri confini orientali di sfruttare ogni occasione per condiziona­rci sul piano politico. Per la gioia dei tanti amici europeo-occidental­i dell’uomo forte di Mosca.

Già duramente provati a causa dell’incapacità di trovare soluzioni condivise nel governo dei flussi migratori, gli europei si troverebbe­ro a dover fronteggia­re la peggiore combinazio­ne possibile: i danni economici e politici provocati da Brexit e l’avvento di un presidente americano isolazioni­sta e protezioni­sta.

Se ci arrivasser­o addosso tutte e due le tegole, l’Europa continenta­le dovrebbe decidere in fretta — prossime elezioni francesi e tedesche permettend­o — come riorganizz­arsi. Si noti per giunta che una riorganizz­azione, che a quel punto dovrebbe anche farsi carico della sicurezza (un tema con cui l’Europa, nonostante Maastricht, non ha alcuna dimestiche­zza) in una Unione resa ancora più «tedesca» di oggi dall’uscita della Gran Bretagna, ric hi e d e rebbe di essere condotta con grande tatto e abilità: per non alimentare sentimenti ancora più forti di quelli che già oggi circolano di ostilità per la Germania.

Magari poi il fosco scenario sopra immaginato non si realizzerà. La Gran Bretagna resterà nell’Unione (i fautori del

Remain vinceranno con un buon margine) e Trump verrà sonorament­e sconfitto da Hillary Clinton. L’Europa, allora, continuerà a galleggiar­e restando così come è oggi ancora per un po’.

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