Sulla sorte dell’ex premier si è fantasticato, discettato, odiato più che per altri big della politica
Silvio» e lui lo dice pure, il fondatore del partito dell’amore, che non gli dispiace l’Italia che gli vuole bene. Meglio così, ci dimostriamo un po’ civili, mettiamo la politica da una parte e la vita dall’altra. Italiani brava gente. O no?
E chi l’avrebbe detto. Il corpo di Berlusconi offeso dalla malattia e dalla morte ha riempito l’immaginazione di un Ventennio, sulla sua sorte si è fantasticato, elaborato, disperato, discettato, odiato. Odio, sì. Quando Berlusconi venne colpito sul volto dal lanciatore di statuette del Duomo e lui si espose con il viso pieno di sangue, come un martire che mostrava le sue ferite e le sue piaghe, mica la condanna fu unanime, e anzi si rivendicò addirittura «il diritto all’odio», come manifestazione genuina dell’ostilità politica senza ipocrisie. Rispetto a ogni altro leader politico, Berlusconi ha acceso la fantasia di scrittori, artisti, sceneggiatori, cineasti, commediografi. Nel 2011 fu calcolato che in diciassette anni di dominio berlusconiano sull’immaginario collettivo l’editoria italiana avesse sfornato ben 250 titoli circa su Berlusconi, il suo corpo, i suoi capelli, le sue cravatte, il colore del suo viso sotto le telecamere. E di questi 250 titoli almeno un quarto era dedicato, come fiction, all’uccisione del Tiranno. L’arma più usata era la pistola. Ma non si negò il privilegio dello strangolamento e nemmeno dell’accoltellamento. La morte violenta di Berlusconi fantasticata in romanzi rivendicava ovviamente il suo statuto di finzione artistica, ma la reiterazione della fantasia omicida metteva in luce una pulsione ossessiva, e anche un’inclinazione all’odio che la trasfigurazione letteraria non riusciva a camuffare del tutto. Nel 2012 un artista italiano espose in una galleria romana non molto distante da Palazzo Grazioli la riproduzione del cadavere di Berlusconi adagiato in una bara, con il cuscinetto, le pareti interne foderate di raso, e le mani giunte del morto. L’opera era simpaticamente intitolata: «Il sogno degli italiani». Un altro racconto dal titolo «Berlusconi è morto», e in copertina l’immagine del Cavaliere dentro una bara scoperchiata e con un’espressione che lo rendeva apertamente simile al Dracula che nell’iconografia tradizionale viene colto nel suo risveglio appena
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