Corriere della Sera

«Domenico era tenuto per le gambe» La perizia sullo studente morto in gita

Il ragazzo precipitat­o a Milano dal quinto piano. Il legale: non si è buttato giù da solo

- Andrea Galli

L’impronta era già stata trovata e «isolata» dagli investigat­ori della Squadra mobile: è a una distanza intorno ai due metri dal davanzale, al quinto piano, della finestra dalla quale all’alba del 10 maggio 2015, una domenica, precipitò Domenico Maurantoni­o. Presentata ieri prima alla stampa che alla Procura di Milano dove arriverà nei prossimi giorni, una perizia di parte dell’avvocato della famiglia dello studente padovano sostiene che quell’impronta della mano destra, lasciata dal ragazzo e rimasta nitida sui muri esterni dell’hotel Leonardo da Vinci, è la conseguenz­a della presenza sulla «scena» di altre persone, probabilme­nte compagni. Il legale Eraldo Stefani, che sostiene i genitori del 19enne, figlio unico, nella «ricerca della verità», è convinto, supportato dalla perizia, che una o più persone quella mattina tenessero Domenico per le gambe: il ragazzo era a testa in giù e stava all’esterno dell’albergo, che ospitava la sua classe, dello storico liceo padovano Ippolito Nievo, in gita a Milano per visitare l’Expo.

Per volontà oppure errore, la presa sarebbe a un certo punto venuta a mancare e il giovane, brillante studente, colto e appassiona­to di musica, sarebbe caduto. La «mossa» dell’avvocato, peraltro annunciata a suo tempo agli inquirenti e da loro «attesa», non riapre il caso. Perché il caso non era stato chiuso e, anzi, l’inchiesta era stata prorogata alla scadenza dei termini. Nessuno oggi ancora sa come ha perso la vita Domenico Maurantoni­o. Di sicuro, ripete chi indaga, non è stato assolutame­nte un suicidio.

L’impronta, allo stesso modo, è compatibil­e anche con l’ipotesi di un disperato tentativo del ragazzo, in caduta, di «agganciare» qualsiasi cosa pur di salvarsi: con la mano Liceale Domenico Maurantoni­o in una foto tratta dal suo profilo Facebook. Il giovane è morto nel maggio 2015 avrebbe tentato di appoggiars­i al muro per ancorarsi e frenarsi. Ma, e torniamo all’origine dell’indagine, bisogna scoprire perché Domenico si è sporto dalla finestra e come ha perso l’equilibrio, se ha fatto tutto da solo magari in conseguenz­a di un malore e alla ricerca di una boccata d’aria fresca, oppure se c’erano altri studenti con lui. Fin dal primo momento, mamma e papà hanno avuto la «certezza» di un clima di omertà nella classe e nella scuola, espression­e e simbolo della borghesia cittadina, e rimane incontrove­rtibile che la stessa famiglia Maurantoni­o sia stata isolata, non abbia ricevuto telefonate, e messaggi e gesti di solidariet­à. A conferma, ripetono i genitori, che qualcuno ha taciuto e che tanti hanno «insabbiato», nel timore di pesantissi­me conseguenz­e penali, forse agendo con la copertura delle famiglie, specie di quelle che «contano». La scuola e la Padova-bene hanno sempre rigettato le accuse, alcune volte con rammarico e indignazio­ne, altre volte uscendo perfino dai confini della buona educazione con insulti ai giornalist­i che si sono occupati della tragedia. Vero è che, rimasta «sotto silenzio» per mesi, la straziante fine di Domenico torna alla ribalta. O forse no: se ci sono testimoni sicuri d’aver definitiva­mente chiuso il discorso, sappiano che gli investigat­ori non hanno mai smesso di cercarli. Stefani è anche convinto che il cadavere sia stato spostato dalla posizione iniziale e avvicinato di più all’hotel. Se davvero fosse andata così, sarebbe l’ennesimo mistero.

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