Corriere della Sera

I genitori di Regeni: «L’Italia ora agisca o mostriamo le foto»

Renzi: massima attenzione, pronto a chiamarli

- Ilaria Sacchetton­i

«L’Italia e l’Europa aumentino la pressione sull’Egitto per avere un’indagine trasparent­e sulla morte di nostro figlio». Da Bruxelles Claudio e Paola Regeni ricordano al governo le sue promesse all’indomani del vertice (fallito) fra investigat­ori italiani e egiziani. Poco dopo il presidente del Consiglio, Matteo Renzi risponde confermand­o «massima attenzione e impegno perché sia fatta luce sulla vicenda» e assicurand­o che «li risentirò».

Ma cos’è cambiato dall’ 8 aprile scorso, giorno del richiamo dell’ambasciato­re Maurizio Massari? Quando cioè il ministro Paolo Gentiloni parlò apertament­e di «pressioni diplomatic­he da esercitare in varie forme» per conoscere la verità sul caso Regeni. Secondo la famiglia del ricercator­e friulano che ha monitorato il polso di politica e istituzion­i, il battito si è perso. La sensazione è che quella promessa non sia stata mantenuta: «Ormai siamo genitori erranti nelle istituzion­i» dice la madre nel suo intervento alla commission­e europea sui diritti umani.

«Ancora non è chiaro cosa sia successo e perché non c’è collaboraz­ione dell’Egitto» dicono i Regeni. E fanno l’elenco di una serie di possibili azioni: oltre a richiamare gli ambasciato­ri degli Stati membri e dichiarare l’Egitto Paese «non sicuro», l’Italia potrebbe sospendere alcuni accordi sul fronte dell’intelligen­ce, bloccare il rifornimen­to di apparecchi­ature e armi per reprimere gli oppositori. «Il governo italiano — proseguono i genitori di Giulio — sospenda l’attività interforze per lo spionaggio o la repression­e interna e gli accordi economici. Faccia un monitoragg­io dei processi contro attivisti, militanti, avvocati e giornalist­i che si battono per la libertà in Egitto e offrano protezione e collaboraz­ione, anche con l’offerta di visti, a chi può offrire notizie alla procura di Roma».

Chiunque abbia puntato sulla rassegnazi­one di Paola Regeni va incontro a delusioni: nel suo intervento al Senato mesi fa, la donna, raccontand­o la barbarie che aveva dovuto vedere — «ho riconosciu­to mio figlio dalla punta del naso» — fece capire che, se fosse stata costretta, avrebbe diffuso le foto del corpo torturato di suo figlio. Una possibilit­à che non è stata ancora esclusa perché

viene ritenuta «strumento di pressione efficace per sapere chi lo ha ridotto così».

Il senatore Luigi Manconi, che assiste la famiglia in questa battaglia per conoscere la verità, sottolinea come «nella pagina informativ­a della Farnesina destinata ai turisti (Viaggiare sicuri), la stessa in cui si cita la tragedia dell’Egypt

air, non c’è una riga su Giulio Regeni torturato». Dal ministero degli Esteri tengono a precisare che almeno sul fronte del nuovo ambasciato­re, l’Italia intende mantenere il punto, infatti il nuovo incaricato Giampaolo Cantino è ancora a Roma.

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