I giudici: Berlusconi jr voleva frodare il fisco La difesa: tesi illogiche
Solo i «vertici strategici» conoscevano e «gestivano» il «meccanismo fraudolento e nascosto» che regolava la «compravendita dei diritti tv» e consentiva di creare «costi fittizi» per pagare meno tasse e accumulare «fondi all’estero»: per questo la Corte d’appello di Milano il 17 marzo condannò nel processo Mediatrade a 14 mesi di reclusione (pena sospesa) il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, e il vice Pier Silvio Berlusconi. Nelle motivazioni della sentenza, che ha ribaltato l’assoluzione del primo grado, i giudici Marco Maiga, Laura Cairati e Alberto Puccinelli affermano che non si può sostenere che Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi fossero all’oscuro di tutto. Confalonieri, che era stato ritenuto estraneo al «meccanismo della prima stagione dei diritti Mediaset» che portò alla condanna di Silvio Berlusconi a quattro anni (tre condonati, il resto in affidamento ai servizi sociali), assunse «rilevanti cariche formali» quando l’ex Cavaliere si impegnò in politica; per quanto riguarda Pier Silvio, è stato provato che anche lui aveva «un rilevante impegno sul fronte della facoltà di acquisto dei diritti», come sostenuto dal pm Fabio De Pasquale. Se così non fosse, si dovrebbe ritenere che le «società fossero presidiate da amministratori e proprietari di straordinaria incompetenza». Per i giudici, «l’atteggiamento psicologico» dei due imputati era quello di chi si sottrae «consapevolmente dall’esercitare i poteri-doveri di controllo (e gestione)» previsti dalla legge accettando il rischio, ma persino «perseguendo l’effetto, univoco e fisiologico, dell’evasione fiscale». Motivazioni «contraddittorie e illogiche» in «fatto e in diritto», replicano gli avvocati di Pier Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini e Filippo Dinacci: «La sentenza sarà certamente annullata dalla Cassazione che non potrà che ribadire l’assoluzione» decisa dal tribunale. Ma sul processo incombe la prescrizione che scatterà a gennaio 2017.