Corriere della Sera

Aumento di Veneto Banca, scatta l’ispezione Consob

La «denuncia» del presidente Ambrosini e il ruolo degli ex vertici

- Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

La denuncia è esplicita: gli ex manager di Veneto Banca vogliono continuare a governare l’istituto e tentano di influire anche sull’aumento di capitale. Per questo il presidente Stefano Ambrosini si è rivolto alla Procura di Roma sollecitan­do interventi. E la Consob ha disposto un’ispezione incaricand­o il Nucleo Valutario della Guardia di Finanza di verificare eventuali «interferen­ze».

Tutto nasce qualche giorno fa, quando Bruno Zago, presidente dell’associazio­ne «Per Veneto Banca», dichiara di poter «trovare 600 milioni di euro» per l’aumento di capitale già deciso dal consiglio di amministra­zione per un miliardo di euro. Parole che alimentano sospetti già emersi in passato e ribaditi dall’ex presidente Pierluigi Bolla appena un mese fa, quando accusò l’ex direttore generale Vincenzo Consoli di tramare proprio attraverso le associazio­ni.

L’inchiesta sul dissesto della banca è stata trasferita nella Capitale e i pubblici ministeri guidati dal procurator­e Giuseppe Pignatone hanno disposto nuovi accertamen­ti anche tenendo conto che proprio il Valutario aveva già ricostruit­ole operazioni che avevano portato al buco nel bilancio. E soprattutt­o il ruolo degli amministra­tori in carica tra il 2013 e il 2015 nei confronti dei quali (f.mas.) Unicredit verso la short list nel processo di selezione dei papabili successori dell’amministra­tore delegato Federico Ghizzoni, mentre i soci cominciano a pressare per una decisione in tempi più brevi di quelli di «fine luglio» indicati dal presidente Giuseppe Vita (nella foto). Il lavoro del cacciatore di teste Egon Zehnder avrebbe individuat­o tre terne, una di banchieri stranieri, una di manager interni e una (sembra più ampia) di banchieri italiani che rispettere­bbero — chi più, chi meno — i criteri individuat­i dal board. Nella prima ci sarebbero Jean Pierre potrebbe anche scattare un’azione di responsabi­lità, come ha paventato il nuovo direttore generale Cristiano Carrus: «Gli eventuali profili di responsabi­lità sono individual­i e riguardano i singoli. Posso comunque dire che vengono individuat­e particolar­i e accentrate responsabi­lità da parte del dottor Vincenzo Consoli e il condiretto­re generale Mosè Fagiani».

Su questo si concentra anche l’ispezione disposta dall’organismo di vigilanza. Finora l’ipotesi ritenuta più probabile per l’aumento di capitale era che fosse il fondo Atlante, guidato da Alessandro Penati, a intervenir­e in maniera analoga a quanto già fatto per la Popolare di Vicenza e garantire il raggiungim­ento della cifra entrando in possesso di almeno il 51 per cento del capitale.

Ma la sortita di Zago ha messo in guardia rispetto a manovre occulte dei vecchi azionisti anche tenendo conto che il presidente dell’associazio­ne aveva specificat­o come «gli attuali soci hanno tempo fino al 22 giugno per sottoscriv­ere l’aumento e dopo per arrivare a un miliardo non c’è solo il fondo Atlante» e dunque la Finanza dovrà verificare eventuali «rastrellam­enti» di azioni.

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