Corriere della Sera

Un taglio aggressivo e innovatore per raccontare le metropoli

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al Palazzo della Ragione da domani all’11 settembre, dove il percorso artistico di questo «anti fotografo» viene ricostruit­o dagli esordi fino alla fine degli Anni 90.

Nato a New York da una famiglia di ebrei osservanti di origine ungherese, Klein è un ragazzino affamato di cultura: è direttore artistico del giornalino scolastico, scrive articoli, disegna caricature, divora tanto i classici della letteratur­a europea e americana quanto i film di Chaplin, Von Stroheim ed Ejzenštejn e passa, appena può, i pomeriggi vagando per le sale del MoMa. Stabilitos­i a Parigi, frequenta l’atelier di Fernand Léger e poi, a Milano (dove esporrà al Piccolo Teatro, su invito di Strehler, e alla Galleria Il Milione), dipinge con la tecnica hard edge astrazioni geometrich­e su pannelli mobili ad uso domestico per architetti come Mangiarott­i, Zanuso e Gio Ponti. Proprio cercando di fissare su pellicola il movimento di questi pannelli, si avvicina alla fotografia.

Sperimenta­re diventerà la sua naturale ossessione: privo di basi tecniche, si affida all’istinto Gli editori americani giudicavan­o «shit» le sue immagini, l’Europa invece se ne innamorò e alla sua formazione artistica (disegno, litografia, pittura) per creare opere non allineate. Tornato a New York, con la Leica di Cartier Bresson inizia un diario per immagini il cui taglio aggressivo, squallido e innovatore, rifiutato dagli editori americani («This is not New York and this is not photograph­y, this is shit!»), farà invece breccia nel cuore di quelli europei, dando vita a un format quasi etnografic­o (raccontare per immagini una città sconosciut­a) che verrà poi riproposto con successo per Roma (1958), Mosca (1961), Tokyo (1964) e poi ancora Parigi, dove Klein vive ancora oggi. Tra il 1955 e il 1965 il cinema diventerà una delle sue passioni (girerà oltre venti tra film e documentar­i, sempre all’insegna della sperimenta­zione, oltre a 250 spot televisivi), così come regalerà i suoi scatti originali e ironici al mondo della moda, lavorando a lungo per Vogue Usa.

Gli Anni 90 vedono un ritorno alla fotografia ma, ancora una volta, ribaltando le regole: Klein riprende in mano dopo decenni i pennelli realizzand­o i «contatti dipinti», oggetti artistici creati decorando con segni grafici i provini ingranditi delle sue fotografie. Una sorta di chiusura del cerchio, dove grafica, fotografia e pittura si fondono per suggellare un percorso artistico straordina­rio e irripetibi­le che non ha ancora smesso di essere un riferiment­o.

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Luci della città Sotto, alcune pellicole appartenen­ti a «Broadway by Light» (1958), il primo film di Klein, 14 minuti sulle insegne di Manhattan. L’ultimo è stato «Le Messie», girato nel 1999

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