Nozze di Figaro: personaggi come caricature
Ragioni acustiche e architettoniche, che donano un’ideale prossimità del pubblico alla scena, rendono l’Olimpico di Vicenza un ottimo teatro per la rappresentazione di opere buffe. E diverse ne hanno allestite in questi ultimi anni le Settimane Musicali, con Giovanni Battista Rigon sul podio dell’Orchestra di Padova e del Veneto, con cantanti giovani e registi — in primis Lorenzo Regazzo — capaci di costruire spettacoli basati più che altro sul ritmo di una recitazione spigliata. Il suono elettrico e il ritmo teatrale che Rigon sa creare in questo repertorio ha poi dato vita a spettacoli assai godibili, freschi e arguti ma non ingenui.
Un po’ meno nelle Nozze di Figaro di questa edizione del festival, però: meno sprint in orchestra, meno slancio nel passare dal numero musicale al recitativo e viceversa, più suono ma meno energia. E in scena non si vede il gusto di aderire al vortice di un meccanismo oliato. Si deve ciò in parte all’esecuzione musicale, in parte alla regia di Regazzo, che è sempre intelligentemente nutrita di soluzioni argute ma che carica i personaggi più del dovuto, minando i presupposti di quel vertice di grazia ed equilibrio che rende irripetibile quest’opera mozartiana. Ecco dunque un troppo maramaldo Cherubino coi baffi, un truce Conte-barbablù, una Marcellina sguaiata e caciarona, un Figaro euforico. Ecco assottigliarsi il confine tra personaggio e caricatura.
Discreto il cast. Si fanno notare in positivo il Conte di Marco Bussi, la Susanna di Carolina Lippo e la Contessa di Patrizia Biccirè. Ma gli applausi sono per tutti.