GLI INGLESI E GLI IMMIGRATI LA PAURA DELL’INVASIONE
Il Regno Unito, nella Ue, ha sempre goduto di una personale autonomia, al punto che si potrebbe dire che finché la Unione Europea è stata utile, tutto è andato bene; ma ora che la situazione comincia a mostrare le sue debolezze, si prospetta il referendum dall’esito veramente incerto.Secondo lei, quanto può incidere sulla scelta referendaria l’atteggiamento della Ue verso i migranti? Questa situazione ambigua, di non-scelta, di lasciare entrare chiunque arrivi senza i dovuti controlli, senza parametri comuni e senza un’efficace politica di integrazione può incidere sulla scelta referendaria?
Cara Signora,
Quello dell’immigrazione clandestina è un problema principalmente mediterraneo che ha avuto in Gran Bretagna ricadute limitate e modeste. Per meglio regolare i suoi rapporti con un Paese che non appartiene all’area di Schengen, Parigi ha firmato con Londra, nel 2003, il trattato di Le Toquet in cui i flussi immigratori vengono regolati con una norma semplice e apparentemente equanime: le frontiere francesi sono sorvegliate dagli inglesi e quelle inglesi dai francesi. Sembra una eccellente ripartizione dei compiti, ma in un lungo reportage, pubblicato in italiano da Adelphi nella sua Biblioteca minima, lo scrittore Emmanuel Carrère ricorda che «nessun migrante cerca di passare dalla Gran Bretagna alla Francia – uno
ROMA RAVENNA
dei Paesi europei considerati meno appetibili – mentre a migliaia tentano ogni anno con tutti i mezzi, e spesso mettendo a repentaglio la propria vita, di passare dalla Francia alla Gran Bretagna». Tocca ai francesi, quindi, impedire che i clandestini attraversino la Manica, e lo fanno trattenendoli a Calais in un campo ormai noto come “la giungla” che ha ospitato, nei momenti di maggiore affollamento, circa 5.000 rifugiati.
Non è l’immigrazione clandestina, quindi, il fattore di cui i sostenitori di Brexit possono servirsi per giustificare i loro timori. L’argomento preferito è quello della Turchia. Si è diffusa in Gran Bretagna, nelle ultime settimane, la convinzione che l’ingresso della Turchia nella Unione Europa avrebbe per effetto l’arrivo nelle isole britanniche di qualche centinaia di migliaia d’immigrati poveri e musulmani. Vi sono in questa posizione una buona dose di razzismo e una evidente forzatura. Nonostante alcune aperture di Angela Merkel, fatte per ottenere la collaborazione della Turchia nella gestione della immigrazione proveniente dal Levante e dall’Asia, l’ingresso nell’Ue del Paese di Erdogan è una prospettiva alquanto lontana e incerta. Vi sono Paesi che hanno già promesso ai loro cittadini, se la questione divenisse attuale, un referendum, e ve ne sono altri (fra cui probabilmente Grecia e Cipro), che non esiterebbero a usare il diritto di veto. Anche nella «madre della democrazia parlamentare» le campagne elettorali possono diventare fabbriche di bugie e di timori infondati.