Corriere della Sera

Spagna senza maggioranz­a

Le elezioni Non sfonda il partito antisistem­a di Iglesias. Nessuno può governare da solo, ipotesi grande coalizione I popolari crescono e restano primi, Podemos non riesce a superare i socialisti

- Nicastro

I popolari crescono e restano il primo partito. I socialisti si confermano come seconda forza. Podemos non sfonda. Le elezioni in Spagna — dopo sei mesi dal precedente voto che non aveva portato a nessun governo — si chiudono, anche questa volta, con un risultato che rende difficile formare un esecutivo. Nessun partito può governare da solo, resta l’ipotesi di una grande coalizione con Pp e Psoe. Sale l’astensioni­smo.

Il sorpasso alla spagnola non c’è stato. Sondaggi ed exit poll hanno sbagliato ieri in Spagna come avevano fallito giovedì nel Regno Unito. I socialisti del Psoe perdono altri 5 seggi, peggiorano ancora il loro risultato storico, ma reggono comunque l’assalto dei giovani ribelli di sinistra di Podemos. Nonostante la fusione con Izquierda Unida, Podemos non riesce a crescere si ferma a poco più dell’uno per cento dal Psoe. Aveva 69 seggi ne ha 71. Cala quasi del dieci per cento anche l’altra formazione nuova, quel Ciudadanos di centro destra che ha patito un’emorragia di elettori verso il Pp del premier. Aveva 40 seggi ne avrà 32. Il vincitore del voto di ieri è il premier uscente Mariano Rajoy. Il suo appello al «voto utile», la sua rivendicaz­ione della ripresa economica, il suo elogio alla stabilità, alla continuità rispetto all’incertezza che ha investito l’Europa della Brexit ha avuto successo. Il suo Partido Popular si conferma primo, in crescita e con un distacco crescente sul secondo partito. Aveva 123 seggi, ne ha 137.

Dopo la notte dei conteggi, però, il problema di ingegneria parlamenta­re è molto simile a quello di sei mesi fa, quando si tennero elezioni generali da cui non uscì alcun governo. Il 21 dicembre le forze dei 4 maggiori partiti erano quasi le stesse di oggi. La soglia di 176 deputati necessari per la maggioranz­a resta anche per il Pp un miraggio. Deve trovare alleati. A sinistra i soli Psoe e Podemos non potrebbero, anche volendo, arrivare al numero magico. Dovrebbero imbarcare Ciudadanos. Neppure il centro destra da solo (Pp più Ciudadanos) ha i seggi necessari. La maggioranz­a più solida sarebbe la grande coalizione alla tedesca, Pp più Psoe. Rajoy la offre dal 21 dicembre e continua a offrirla. Tocca ai socialisti decidere.

Gli sconfitti, guidati da Pablo Iglesias, puntano il dito sulla Brexit. «Siamo delusi», ha ammesso Iglesias. Lo scivolone della sterlina, i crolli di Borsa, i rimpianti inglesi dopo il voto a favore dell’uscita dall’Unione Europea avrebbero avuto in Spagna l’effetto di concentrar­e il voto sull’usato sicuro, quel tandem Psoe-Pp che tanto ha dato al Paese dall’uscita dalla dittatura quasi 40 anni fa. In un mondo iper-connesso la paura di un futuro sconosciut­o scatenata dal voto britannico avrebbe contagiato gli elettori interessat­i a cambiare il sistema politico. La paura giustifich­erebbe anche la partecipaz­ione relativame­nte bassa, al 69,9%, con tanti rimasti a casa pur di non votare né il vecchio che non piace né il nuovo che spaventa.

La distribuzi­one dei voti dà anche un’altra chiave interpreta­tiva. Podemos ha vinto solo in Catalogna e nei Paesi Baschi dove ha sfondato con la sua offerta di referendum indipenden­tista. Ma guadagnand­o in periferia, Iglesias ha perso il centro. Tra la lotta all’austerità e l’unità del Paese, molti elettori di Podemos hanno scelto la Spagna.

 ??  ?? Al seggio Una coppia al voto in un seggio di Valladolid. Ieri l’affluenza al voto ha subito un crollo: si è fermata al 69,8 % contro il 73,2% dello scorso dicembre (Lapresse)
Al seggio Una coppia al voto in un seggio di Valladolid. Ieri l’affluenza al voto ha subito un crollo: si è fermata al 69,8 % contro il 73,2% dello scorso dicembre (Lapresse)

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