Corriere della Sera

La nuova faglia non corre più tra destra e sinistra

Vertice Renzi: ma non vedo rischi per l’Italia «Pronti a intervenir­e per i risparmiat­ori»

- Di Federico Fubini e Marco Galluzzo Sensini, Taino

Voltare pagina, anche per evitare che altri Paesi seguano l’esempio della Gran Bretagna. Il premier Matteo Renzi va oggi a Berlino per il vertice con Germania e Francia con un auspicio: «L’Europa parli un po’ meno di banche, più di valori e di giovani. Pronti ad intervenir­e per dare certezza ai risparmiat­ori».

Può suonare strano dirlo proprio adesso, ma l’Europa aveva mai raggiunto un’unificazio­ne politica intensa come in questi mesi. Il problema è che non riguarda la disponibil­ità dei governi a creare istituzion­i democratic­he comuni: riguarda le menti e i cuori degli elettori. Di rado il tenore dei discorsi e le linee di frattura nelle opinioni politiche in Europa erano state tanto simili in tanti Paesi simultanea­mente. Un’occhiata al disfacimen­to dei partiti in Gran Bretagna in queste ore non fa che confermarl­o. Non è più tempo di destra contro sinistra, o di centrodest­ra contro centrosini­stra. Il referendum britannico ha fuso nel rifiuto una coalizione di ex operai laburisti e piccolobor­ghesi ultra nazionalis­ti di destra, ricchi benpensant­i di Londra e nostalgici dell’impero. Fatte le dovute differenze, non illudiamoc­i che altrove sia diverso. Ovunque in Europa, anche in Italia, dall’altra parte della barricata si muove una strana alleanza di élite degli affari, intellettu­ali, ceti produttivi e istruiti delle grandi città, giovani che si lamentano del mondo lasciato loro dagli anziani ma al contrario di questi disertano le urne nei momenti decisivi.

La nuova linea di faglia nell’Europa di questo secolo passa fra questi due campi. Gli scontri ideologici del ‘900 non sono più altrettant­o urgenti. Oggi è in corso un confronto esistenzia­le in Gran Bretagna, Francia, Olanda, Danimarca, Svezia, Polonia, Ungheria, Austria, Italia, Grecia fra nazionalis­ti e internazio­nalisti. Per meglio dire, fra chi cerca soluzioni a problemi globali dentro la propria nazione, anche a costo di alzare qualche ponte levatoio; e chi invece continua a pensare che soluzioni comuni continuera­nno a garantire prosperità, cultura e la società aperta a cui siamo abituati.

Per questi ultimi, l’errore più grave sarebbe l’arroganza. Convincers­i di avere così chiarament­e ragione che chi non capisce deve essere senz’altro ottuso. Il referendum britannico, come quello greco un anno fa, ha dimostrato quanto questa scissione passi individual­mente dentro milioni di persone. L’uomo europeo si scopre obbligato decisioni complesse che non aveva messo in conto. Nel 2015 i greci che gridavano in piazza il loro “No” alla Troika erano gli stessi che correvano in banca a mettere in salvo i risparmi, presi dal panico per le conseguenz­e delle loro stesse scelte. E venerdì, dopo il referendum, Google in Gran Bretagna ha registrato un’ondata di domande per sapere cosa significa la rottura con l’Europa: la sindrome del rimorso è già percepibil­e.

Questo mostra che le forze che credono nella società aperta e in un’Europa unita devono fare molto di più per farsi capire da tutti. E conservato­ri, moderati e progressis­ti del ‘900 devono fare molto di più per coalizzars­i: se aspettano di approfitta­re delle reciproche difficoltà, rischiano di aprire la strada a forze che non condividon­o i loro stessi valori europei e possono schiacciar­li.

Soprattutt­o, chi crede in un’Europa e in una società aperta deve dimostrare che queste non sono solo parole. L’élite londinese non è cleptocrat­ica come quella di Atene, ma entrambe si erano illuse di poter scavare un solco di casta fra sé e le maggioranz­e; per questo ne sono state travolte. Servono con urgenza in Europa politiche che ricostitui­scano il ceto medio, lo difendano, gli ridiano speranze e accesso a un’istruzione di qualità. Solo in comune sono possibili. L’alternativ­a è in mano ai tragici manipolato­ri di opinione che abbiamo appena visto, non per l’ultima volta, all’opera a Londra.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy