Blanchard: «Ora temo l’avversione al rischio»
«Che cosa succederà fra una settimana o fra un mese dopo la Brexit? Predire il futuro, anche nel breve termine, è un esercizio pericoloso», avverte Olivier Blanchard, 67 anni, ex capo economista del Fondo monetario internazionale, oggi senior fellow al Peterson Institute for International Economics di Washington.
«Quello che abbiamo visto venerdì sui mercati è il risultato di due fattori. Il primo è un cambiamento nei fondamentali. Il secondo è un aumento dell’avversione al rischio o, per usare il gergo dei mercati, uno spostamento dal risk on al risk off », cioè una fuga dagli investimenti in asset rischiosi verso porti più sicuri, come ad esempio l’oro o i titoli di Stato americani. E insiste: «Che cosa succederà nel prossimo futuro dipende da quanto succederà a questo secondo fattore». Ma «nel breve termine, il futuro, a sua volta dipende dalla presenza o assenza di bombe finanziarie inesplose».
L’economista francese non ha dubbi che la Brexit abbia «cambiato i fondamentali economici in modo importante». Spiega: «Di sicuro questo è il caso per il Regno Unito, dove ci saranno i costi di lungo periodo e i costi ancora più grandi nel breve periodo. Il deprezzamento della sterlina aiuterà, ma non compenserà la caduta negli investimenti e gli effetti negativi della generale incertezza politica ed economica. Questo potrebbe anche accadere nell’Unione Europea, dove simili dinamiche politiche possono essere scatenate in un certo numero di altri Paesi», dice senza fare nomi. Questo potrebbe,
L’ex economista Fmi L’uscita del Regno Unito dall’Europa cambia i fondamentali economici in modo importante
infine, essere preso come il segnale del canarino nella miniera di carbone, che, più in generale, la rabbia è ovunque più profonda di quanto sia percepita e a sua volta può portare a politiche pericolose».
A preoccupare soprattutto Blanchard, però, è il sentiment degli investitori. «Molto di quanto abbiamo visto, dal calo dei rendimenti dei titoli del Tesoro americano all’apprezzamento dello yen fino alla flessione molto ampia su alcuni mercati azionari, riflette un brusco aumento dell’avversione globale al rischio di mercato. Se l’avversione al rischio fosse rimasta la stessa, non ci sarebbero ragioni per cui il Giappone, ad esempio, avrebbe dovuto essere colpito così tanto dal voto per la Brexit. I movimenti nell’avversione al rischio di mercato possono però essere driver molto potenti sui mercati finanziari, e i mercati finanziari possono muovere le economie. Se il risk off durerà abbastanza a lungo, gli effetti negativi globali del voto possono essere molto grandi», mette in guardia l’economista. Durerà? «La mia ipotesi, basata su episodi passati — sebbene non così seri come questo della Brexit — è che non durerà per molto tempo, a meno che non ci siano bombe finanziarie inesplose sul punto di scoppiare. L’ottimismo dei mercati sul destino del remain nei giorni precedenti il voto può aver portato alcuni hedge fund a fare grandi scommesse che li hanno potenzialmente messi nei guai. Oppure i mercati possono decidere che un qualche Stato periferico dell’area euro è il prossimo luogo a rischio e richiedere spread molto più alti sul suo debito, che la Banca centrale europea non vuole o non può controllare». «Se però — conclude Blanchard — dopo una settimana o due sembrerà che nessuno abbia fatto qualcosa di troppo stupido, e le banche centrali sembreranno avere la situazione sotto controllo, mi aspetterei di vedere scendere lentamente l’avversione al rischio, e i mercati e le valute ampiamente riprendersi. Mi aspetterei, perciò, che i problemi siano limitati soprattutto al Regno Unito, e in misura minore all’Unione Europea. Almeno fino al prossimo referendum...».