Principio Oltre dubbi e certezze, resta il valore dell’uomo come forza cosciente capace di coordinare mezzi in vista della produzione di scopi
rivendicazione del primato della politica ha la pretesa di risalire la corrente, è cioè una lotta di retroguardia. La stessa economia capitalistica, che ancora domina il mondo, ha istituito rapporti tali, con l’apparato tecno-scientifico, che fanno trasparire la destinazione al dominio da parte di quest’ultimo.
La cautela con cui si procede nelle riforme costituzionali è dovuta all’esigenza che non vadano perduti certi valori imprescindibili contenuti nella Costituzione italiana — soprattutto quelli riguardanti i diritti dell’uomo. Ma la destinazione al dominio della tecnica è insieme la formazione di un diverso modo di essere uomo — diverso dalle interpretazioni che dell’esser uomo sono state date lungo la storia dell’Occidente: cristiana, rinascimentale, illuminista, capitalistica, comunista, eccetera. La gran questione è allora se una Costituzione, mostrando di difendere i diritti umani — e dando a questo suo intento un’impronta decisamente giusnaturalistica — non abbia invece a difendere una di quelle interpretazioni, lasciando sullo sfondo il senso autentico che l’esser uomo ha assunto lungo la storia dell’Occidente. Giacché dubbi in proposito se ne possono e se ne debbono avere, visto anche che tutte le leggi — e soprattutto la Grundnorm in cui la Costituzione di uno Stato consiste — sono scritte dai vincitori (sempre poco propensi a ottenere la condivisione dei vinti). A chiarimento di quanto ho asserito, concludo dicendo che quel che ho chiamato «senso autentico» dell’esser uomo è sotteso (restandone variamente alterato) a tutte le interpretazioni che se ne sono date, ed è l’uomo come forza cosciente capace di coordinare mezzi in vista della produzione di scopi. Ciò significa che, al di là di ogni superfetazione, l’uomo è un essere tecnico. Infatti l’essenza della tecnica, quindi anche della tecnica guidata dalla scienza moderna, è appunto e innanzitutto quella capacità di coordinamento. Non un viaggio ma, come recita il sottotitolo, «stazioni di un viaggio in Giappone». Con La quindicesima roccia (prefazione di Grazia Marchianò, Castelvecchi, pp. 185, 19,50) Francesco Lizzani si confronta con un mondo altro per eccellenza, dove la morte del maestro zen Rikyu dialoga con quella di Socrate, «un’ultima grande medita-azione». È la scoperta di sé, appunto, come Altro: «Ecco chi sono: anch’io un prodotto, un figlio di questa storia, un’immagine dotata di un’identità: sono un Occidentale» a cura di