Johnny Weissmuller: per me la sua faccia resta la più credibile
Escludendo Pippo Tarzan, che Romano Scarpa si era inventato negli anni Cinquanta e aveva affascinato la mia fantasia infantile, Tarzan per me — e non penso di essere l’unico — ha sempre e solo avuto la faccia di Johnny Weissmuller. Fisico scultoreo, faccia squadrata, campione olimpico con cinque medaglie d’oro, fu il primo a poter lanciare davvero il suo inimitabile urlo dallo schermo perché il primo a interpretare il personaggio inventato da Edgar Rice Burroughs in un film sonoro: Tarzan l’uomo scimmia del 1932. Alla guida di una mandria di elefanti che liberano dalla prigionia la bella Jane (Maureen O’Sullivan), l’apparizione dell’ex nuotatore cancellò in un momento — al trentesimo minuto del film — le ambiguità che avevano accompagnato la sua nascita, quelle che lo volevano l’«anello mancante» di un darwinismo non ben digerito, soprattutto in America. Johnny Weissmuller era troppo bello, troppo armonico, troppo umano per essere il punto di passaggio dalla scimmia all’uomo. No, quel Tarzan era soprattutto l’animalista ante litteram che sapeva rispettare la natura e i suoi abitanti, l’erede di una nobiltà inglese di cui aveva conservato la grazia e il rispetto specie nei rapporti con l’altro sesso. E infatti il secondo film che la Mgm mise in cantiere con lui si intitolava non a caso Tarzan e la compagna (1934) a sottolineare un legame che aveva da subito conquistato il pubblico. Lui cavalcava (davvero) un rinoceronte, lei era inseguita da un coccodrillo, ma la fantasia degli spettatori si accendeva soprattutto per la disinvolta relazione che i due instauravano (con la complicità di un bikini molto succinto) e che trasformavano il «selvaggio» uomoscimmia nel più rassicurante e protettivo dei mariti.