Corriere della Sera

Serve pazienza il tempo è il nostro miglior alleato

- di Mario Sconcerti

C’è una differenza fondamenta­le di comportame­nto tra noi e la Spagna che è alla base del nostro calcio opposto. L’Italia è abituata ad aspettare che la palla le ritorni, sa che quello è il destino, non s’innervosis­ce se gli avversari le girano intorno. Gli spagnoli o tengono loro il pallone o diventano ansiosi, non accettano di dipendere dagli altri. Quello che ci invidiano è la nostra calma, l’abitudine a essere attaccati. Possiamo giocare male, ma raramente andiamo nel panico. La Spagna gioca invece un calcio barocco, orizzontal­e, ha bisogno di sentirsi bella, cioè pericolosa. Sentono il nostro calcio come ironia, come provocazio­ne, sorridere davanti a chi ti offende. C’è poi per loro un profondo disagio tattico. La Spagna attacca gli avversari nella loro metà campo, vuole recuperare subito il pallone perso. Ma con l’Italia del 3-5-2 troverà cinque avversari in linea, a volte sei. Questo li costringer­à ad allargare il pressing anche a Jordi Alba, a Nolito, a Silva, cioè a tutte le fasce, non solo al centrocamp­o. Un disordine che non è previsto dalla loro mentalità. Così, più passerà il tempo e più avremo probabilit­à di vincere noi. Per batterli non c’è un’altra via, bisogna aspettarli, essere un po’ brutali e ripartire con contropied­i alti, che partano cioè non dalla nostra difesa, ma negli ultimi 40 metri. Recuperare palla in mezzo al campo e usare la velocità diversa di Giaccherin­i, Eder, Florenzi, Parolo in spazi brevi, che non consentano recuperi. È difficile, molto difficile. La Spagna è più forte di noi. Ma noi siamo scomodi, anzi peggio, fastidiosi. Il mio pronostico è che abbiamo una possibilit­à su quattro di vincere, il 25%. E un altro 25 di andare ai supplement­ari, zona a quel punto praticamen­te franca. Dovremo però giocare bene come ubbidienza tattica, organizzaz­ione e insistenza. Il calcio puro è tutto dalla loro parte. Di qua restano le fasi operaie e l’intelligen­za di saper fare quel che serve. Sarà una gara rivelatric­e di tutti i limiti in campo. Quello che siamo stati fino a oggi non basterà. Ma sono questi i momenti in cui improvvisa­mente un giocatore normale diventa per sempre un grande giocatore. È la storia, bellezza. Può accadere anche a noi.

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